Assolto “perché il fatto non sussiste”. Questo il verdetto della Corte d’Appello di Napoli nei confronti di Antonio Mancuso, 80 anni, a capo del “locale” di ‘ndrangheta di Limbadi e Nicotera,accusato dei reati di estorsione consumata e tentata ai danni di Settimia Castagna e dell’allorapresidente della sezione civile del Tribunale di Vibo Valentia, Patrizia Pasquin, interessate alla costruzione del villaggio turistico “Melograno Village” a Parghelia. Era stata la seconda sezione penale della Cassazione il 16 marzo dello scorso anno ad annullare con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli la sentenza di condanna a 7 anni di reclusione inflitta ad Antonio Mancuso, di Limbadi, dalla Corte d’Appello di Salerno il 17 aprile 2015. 

 

Per l’accusa, Antonio Mancuso avrebbe ricevuto parte della prima trance del finanziamento pubblico a fondo perduto erogato al “Malograno Village srl”.Pagamento della prima quota (anticipazione del 20% della sovvenzione richiesta) quale condizione indefettibile per operare in maniera “tranquilla” sul territorio di Parghelia. Il finanziamento, peraltro, secondo l’accusa sarebbe stato ottenuto dal villaggio turistico in maniera illecita, cioè attraverso una truffa ed una serie di falsi. Già la Cassazione, tuttavia, aveva rimarcato che a suo avviso non vi era alcuna prova di un passaggio di denaro dall’imprenditore vibonese Antonino Castagna ad Antonio Mancuso ed in più nel parallelo troncone processuale l’imprenditore Antonino Castagna è stato assolto con formula ampia da ogni contestazione. La Corte d’Appello di Salerno, ad avviso della Suprema Corte, avrebbe eluso sul punto ogni obbligo motivazionale sui rilievi sollevati dagli avvocati e da qui l’annullamento con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli per un nuovo processo di secondo grado concluso oggi con l’assoluzione “per non aver commesso il fatto” di Antonio Mancuso, difeso dagli avvocati Giuseppe Di Renzo ed Alfredo Gaito, oggi sostituito in udienza dall’avvocato Federico Gaito. L’operazione “Dinasty 2 – Do ut Des”, scattata nel 2006 e che ha portato alle accuse nei confronti di Antonio Mancuso, è stata condotta sul campo dalla Squadra Mobile di Vibo Valentia diretta all’epoca da Rodolfo Ruperti e Fabio Zampaglione, con il coordinamento della Dda di Salerno (pm De Masellis e Gambardella).