Ha chiesto dieci anni di reclusione il pm Elio Romano nel processo per l’omicidio di Gennaro Ventura, il fotografo ucciso il 16 dicembre del 1996 a Lamezia Terme per l’attuale collaboratore di giustizia Gennaro Pulice.


Proprio lui è stato a svelare i particolari che hanno permesso di ricostruire i dettagli dell’efferato omicidio autoaccusandosi di essere l’esecutore materiale. E sempre le sue dichiarazioni erano state fondamentali per ricostruire la dinamica del delitto che lo scorso 23 giugno ha portato all’arresto del presunto mandante Domenico Antonio Cannizzaro il cui processo è in corso a Catanzaro.

 


Ucciso per aver svolto il suo lavoro. Questo il destino del fotografo di Lamezia Terme Gennaro Ventura che pagò con la vita per aver contribuito a far arrestare, durante la sua attività di carabiniere a Tivoli, Raffaele Rao, ritenuto uno dei responsabili di una rapina ai danni di un consulente tecnico che custodiva un ingente quantitativo di sostanze stupefacenti nella propria abitazione, droga sottratta da due persone che Ventura, per caso aveva visto scendere dall’abitazione del perito.

 

Secondo la ricostruzione degli inquirenti fu il collaboratore di giustizia a dare un appuntamento a Ventura con il pretesto di fare un servizio fotografico presso un terreno. Ma nessun servizio fotografico era previsto, nessun lavoro, Pulice sparò a Ventura e nascose il cadavere in una botola per la fermentazione del mosto.

 

Solo nel 2008 furono scoperti i resti accanto ai quali furono trovati anche l’anello nuziale, una catenina e le sue macchine fotografiche. Gli esami del Dna confermarono poi l’identità della vittima. 

 

Manuela Serra