Una spirale di morte e sangue, di vendette trasversali e non. Di onte da ripulire, di nomi da salvaguardare. E’ in questo domino al massacro che sarebbe nato e si sarebbe sviluppato l’omicidio del giovane avvocato lametino Francesco Pagliuso. Tirato dentro, suo malgrado, ai deliri di una ‘ndrangheta giustizialista.

 

Ad iniziare a muoverne le fila Daniele Scalise, considerato organico all’omonimo gruppo criminale e legato ai clan Iannazzo- Cannizzaro - Daponte e Giampà. Era stato lui ad ordinare che l’avvocato venisse portato in un bosco per aggredirlo e fargli scontare la colpa di non averlo difeso a dovere in un procedimento penale.

 

Sempre lui a non mandare giù quanto accaduto dopo quello divenuto noto come l’omicidio del Reventino. In un bar di Decollatura nel 2013 Domenico e Giovanni Mezzatesta avevano ucciso Francesco Iannazzo e Giovanni Vescio e Pagliuso ne aveva assunto la difesa legato a loro da una conoscenza pregressa e da un rapporto di tipo affettivo. Tanto, sostengono le carte dell’indagine, da avere supportato Domenico Mezzatesta durante il periodo della sua latitanza.

 

E proprio Domenico Mezzatesta verrà considerato dal clan il responsabile dell’assassinio di Daniele Scalise. E’ da qui che sarebbe nata la lista nera: tre persone da punire con la morte: Luigi Aiello, considerato il killer di Scalise e che verrà ucciso il 21 dicembre 2014, Domenico Mezzatesta poi costituitosi e finito in carcere e infine, Pagliuso reo di avere difeso i Mezzatesta.

 

Gregorio, il fratello, verrà colpito come pedina trasversale ma allo stesso tempo, secondo le testimonianze raccolte, sconvolto dal dolore per la perdita di Pagliuso, si sarebbe esposto a situazioni pericolose, organizzando anche summit per ricercare l’assassino del penalista.

 

Marco Gallo, invece, in carcere perché ritenuto la mano degli omicidi Pagliuso - Mezzatesta – Berlingieri non sarebbe un semplice mercenario ma interno al clan Scalise e da questi utilizzato per la sua freddezza e lucidità.