Sentenza della Cassazione per il 49enne Giuseppe Zangari, di Spadola, accusato dell’omicidio volontario del commercialista Bruno Lacaria, 52enne suo amico, concittadino e compare d’anello. La Suprema Corte, rigettando il ricorso della difesa, ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro che il 19 gennaio dello scorso anno – in riforma della sentenza di primo grado – ha condannato Giuseppe Zangari alla pena di 14 anni di reclusione in luogo dei 17 anni e 4 mesi del primo grado di giudizio celebrato con rito abbreviato che è valso per l’imputato uno sconto di pena pari ad un terzo.

La Cassazione ha riconosciuto per Zangari le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle circostanze aggravanti della minorata difesa pubblica. Il ricorso della difesa – rappresentata dall’avvocato Enzo Galeota ed in aula anche dall’avvocato Michele Ciconte – aveva chiesto il riconoscimento delle attenuanti della provocazione, l’esclusione delle circostanze aggravanti e la prevalenza delle attenuanti generiche.

L’imputato è stato altresì condannato al risarcimento dei danni che avverrà in sede civile dove a rappresentare i familiari della vittima ci sono gli avvocati Serravalle, Mercurio e Barbara. 

Alla base del delitto vi era un prestito fatto da Lacaria che Zangari non era riuscito ad onorare.

Secondo gli inquirenti il tentativo di suicidio con un pesticida sarebbe stato messo in atto dal commerciante Giuseppe Zangari per allontanare da sé stesso i sospetti per la scomparsa di Bruno Lacaria.

La svolta nelle indagini si è avuta dalle dichiarazioni dello stesso Zangari che si è autoaccusato dell’omicidio, conducendo sul posto i carabinieri per il ritrovamento del cadavere. Secondo il racconto di Zangari, sarebbe stato il commercialista Bruno Lacaria a chiedergli di arrivare in auto nel bosco dove è stato poi compiuto il delitto. Zangari ha riferito di aver colpito la vittima con un bastone dopo una lite. Bastone che non è stato però ritrovato.

Lacaria era scomparso da Spadola l’8 febbraio 2017. Zangari si era poi presentato ai militari dell’Arma spontaneamente, chiedendo subito un colloquio riservato con il maresciallo Massimiliano Staglianò, all’epoca alla guida del Nucleo investigativo dei carabinieri di Serra San Bruno. A lui, ed al maresciallo Tommaso Casella, Giuseppe Zangari ha confessato i primi particolari sul delitto di Bruno Lacaria ottenendo successivamente la presenza del pm della Procura di Vibo Valentia, Filomena Aliberti, per la prosecuzione del suo racconto.

È stato proprio il sostituto procuratore di Vibo ad ottenere da Zangari l’esatta indicazione del luogo in cui aveva gettato il cadavere di Bruno Lacaria, un bosco al confine fra i territori comunali di Brognaturo e Cardinale, fra le province di Vibo e Catanzaro. La stessa boscaglia dove è stato compiuto il delitto.