L’imprenditrice è scomparsa nove anni fa e il procedimento continua tra continui rinvii. Il dolore di una famiglia che non ha neanche un luogo nel quale andare a portare un fiore
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Ha avuto inizio il 14 marzo 2024 il processo, davanti alla Corte d’Assise di Catanzaro, sugli omicidi contemplati nell’inchiesta Maestrale. Tra questi vi è l’omicidio di Maria Chindamo, imprenditrice di Laureana di Borrello, uccisa e fatta sparire a 42 anni, il il 6 maggio 2016, davanti all’ingresso della sua azienda agricola a Limbadi.
Il procedimento è iniziato proprio con la trattazione di questo caso, che vede imputato, quale concorrente del delitto, Salvatore Ascone, soggetto ritenuto dalla Dda di Catanzaro vicino alla cosca Mancuso di Limbadi. L’udienza di oggi è stata rinviata, per legittimo impedimento del teste, ad aprile.
L’udienza precedente si era tenuta a dicembre. Sono trascorsi tre mesi e per la famiglia Chindamo il lento scorrere di questo processo è doloroso.
Questa mattina davanti al Tribunale era presente Vincenzo Chindamo, fratello di Maria. Sempre gentile e misurato, oggi Vincenzo Chindamo aveva il volto stanco e tirato. Sono trascorsi nove anni dalla scomparsa di sua sorella. Un’ombra cupa avvolge quella tragica vicenda perché a ordinare l’omicidio sarebbe stato, secondo le ricostruzioni degli inquirenti, l’ex suocero dell’imprenditrice, Vincenzo Punturiero, che l’avrebbe ritenuta responsabile del suicidio del figlio Ferdinando, avvenuto in seguito alla separazione dalla moglie. Vincenzo Punturiero è deceduto e sulla sua posizione di presunto mandante cala un sinistro silenzio.
Il processo prevede l’escussione di circa 50 testi. In un anno è stato ascoltato solo il capitano Alessandro Bui, all’epoca dei fatti al comando del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Vibo Valentia. Un teste fondamentale, certo, che ha sviscerato tutto il fascicolo di indagine. Ma questa attesa e i rimandi delle udienze da un mese all’altro «fanno male, è doloroso» ci dice Vincenzo Chindamo. Chi resta deve elaborare il dolore di una perdita drammatica – anche alla luce del fatto che il corpo di Maria Chindamo non è stato mai ritrovato – ma le carenze di organico dei tribunali e la conseguente lentezza dei processi sono l’ennesimo peso sulle spalle delle persone offese. L’imprenditrice, raccontano i collaboratori di giustizia, è stata uccisa e data in pasto ai maiali, il resto del suo corpo sarebbe stato sparso nel terreno con un trinciatrice. Ma dove? Non si conosce un luogo in cui portare un fiore. Dopo nove anni si attende, almeno, che una Corte si pronunci per avere un minimo di giustizia e sollievo. Nella speranza che il calendario delle udienze diventi più serrato e il processo prenda velocità.