Processo in abbreviato per il delitto che avvenne nell’agosto del 2011 a Gallico, quartiere alla periferia nord della città, nell’ambito della faida intercorsa tra le cosche del territorio
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Si chiude con sette ergastoli e due condanne, a 17 anni e 4 mesi e 15 anni, 4 mesi e 26 giorni di reclusione, il processo svoltosi in abbreviato che ha fatto luce sull’omicidio di Giuseppe Canale, avvenuto il 12 agosto del 2011 a Gallico, quartiere alla periferia nord della città, nella faida intercorsa tra le cosche del territorio. Durissima la decisione del gup Maria Rosaria Savaglio che ha sostanzialmente accordato le richieste del pm antimafia reggino Sara Amerio. Nel dettaglio il carcere a vita è stato inferto a Antonino Crupi, Giuseppe Germanò, Filippo Giordano, Sergio Iannò, Cristian Loielo, Domenico Marcianò e Salvatore Callea; quest’ultimo imputato, assistito dall’avvocato Luca Cianferoni, condannato in continuazione con la sentenza emessa sulla faida di Piscopio, comune del vibonese.
Il gup infine, ha comminato 17 anni e 4 mesi per il collaboratore di giustizia Nicola Figliuzzi, il 28enne di Sant’Angelo di Gerocarne, mentre per l'altro “pentito” Diego Zappia, 34 anni, di Oppido Mamertina, il giudice ha deciso per una pena pari a 15 anni, 4 mesi e 26 giorni. Entrambi hanno deciso di collaborare con l’Antimafia dello Stretto subito dopo il decreto di fermo, emesso dalla Procura, ed eseguito dai Carabinieri. Figliuzzi, secondo il suo racconto, avrebbe dato avvio alla propria carriera criminale eseguendo l’omicidio di Giuseppe Canale insieme a Cristian Loielo e Salvatore Callea, mentre i mandanti sarebbero Filippo Giordano, Domenico Marcianò e Sergio Iannò, ritenuti appartenenti alla cosca “Condello-Chirico”. Diecimila euro è la somma che il gruppo gli avrebbe dovuto dare per eliminare Canale. Figliuzzi che «non è mai stato né battezzato né affiliato alla ‘ndrangheta» sarebbe stato assoldato come killer per la faida di Gallico, divenuto negli ultimi anni feudo criminale conteso tra le principali ‘ndrine mafiose reggine.
Il delitto matura nel sentimento di vendetta nutrito dopo l’omicidio di Domenico Chirico, suocero di Antonino Crupi, freddato il 20 settembre del 2010. Questa data segna di fatto l’inizio della guerra tra i due gruppi culminata poi nell’uccisione di Canale diventato in quegli anni un personaggio criminalmente scomodo. Figliuzzi, sotto interrogatorio riporta testuali le parole pronunciategli presumibilmente da Crupi: «Si doveva fare a tutti i costi quest’omicidio, per la vendetta di suo zio...E recuperare così il territorio di Gallico».
Oltre a Figliuzzi, il pm Amerio e il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo hanno potuto contare sulle dichiarazioni di altri collaboratori di giustizia ossia Daniele Bono, conoscitore della faida vibonese intercorsa fra i Patania e i piscopisani, Vasvi Baluli e Arben Ibrahimi, quest'ultimi due di origine straniera, ma legati alle dinamiche criminali che hanno riguardato la Piana di Gioia Tauro e le famiglie mafiose delle pre-serre vibonesi. Ed è proprio l'ingaggio di presunti killer provenienti dal territorio del vibonese al centro dell'inchiesta sul delitto Giuseppe Canale. La Dda infine ha utilizzato anche le dichiarazioni del “pentito” di Gioia Tauro, Francesco Trunfio. Il giovane, considerato legato alla cosca Piromalli, dopo aver rimediato una condanna a 14 anni e otto mesi di carcere nell’ambito del processo “Provvidenza”, condotto proprio contro i clan della Piana, ha deciso di affidarsi agli inquirenti reggini.
In carcere conosce Diego Zappia il quale gli raccontò «di avere preso parte all’omicidio di Canale, tramite Callea. Il killer era stato assoldato dalle cosche di Gallico- ha affermato Trunfio- e che lui già conosceva Figliuzzi perché lavorava col padre ad Oppido Mamertina. In pratica il ruolo di Zappia nell’omicidio Canale era stato quello di reperire l’uomo addetto all’esecuzione omicidiaria. Fu in pratica un intermediario. Da quanto mi raccontava era stato il tramite per assoldare il killer che doveva venire da fuori e che fu individuato in Figliuzzi, che non ho mai conosciuto». Tantissime poi, le intercettazioni captate dagli investigatori e soprattutto le immagini di una telecamera, posta nei pressi del luogo del delitto, in cui l’agguato è stato registrato. Durante l’azione di fuoco, uno dei proiettili esplosi aveva attinto alla coscia destra un passante, rimasto quindi ferito. Adesso si chiude quindi il primo capitolo processuale di uno dei delitti più efferati avvenuti sul territorio di Gallico e in generale su quello della città di Reggio Calabria.