Si resta in attesa dei risultati dell’esame autoptico sul cadavere di Giuseppe De Masi, il 39enne ucciso dal barbiere a Soriano Calabro nel pomeriggio del 31 dicembre ed il cui corpo si trova all’obitorio dell’ospedale Jazzolino di Vibo Valentia. Sei i colpi esplosi da una pistola, di cui quattro hanno raggiunto l’imprenditore in diverse parti del corpo non lasciandogli scampo.

La svolta sul fronte delle indagini potrebbe arrivare a breve: oltre alla visione delle immagini prelevate da alcuni impianti di videosorveglianza della zona – che potrebbero aver ripreso sia le fasi di esecuzione del delitto, sia il sicario in fuga appoggiato da alcuni complici – , dirimente per la risoluzione del caso potrebbe rivelarsi l’analisi del telefonino della vittima. 

Tutto è in mano in queste ore ai carabinieri che, con il coordinamento della Procura di Vibo Valentia, stanno portando avanti a ritmo serrato le indagini. Diversi i testimoni già ascoltati e particolare importanza si dà alla circostanza che un’auto con a bordo almeno due persone si sarebbe fermata nel pomeriggio del 31 dicembre nell’autolavaggio di Giuseppe De Masi chiedendo dello stesso, in quel momento assente. Resta da capire se le stesse persone siano state poi indirizzate dal barbiere di Soriano Calabro dove si è consumato il fatto di sangue e se si tratta delle stesse persone che hanno portato a termine la “missione” di morte.

Un omicidio per il quale, allo stato, non vi sono elementi per farlo rientrare nel contesto della faida che da anni vede contrapposti i clan Emanuele e Loielo, tanto che le indagini al momento restano di competenza della Procura di Vibo Valentia e non della Dda di Catanzaro che pure è stata informata dell’accaduto. La vittima solo da qualche giorno era rientrata in Calabria e le modalità dell’azione di fuoco lasciano pensare ad un omicidio di “impeto” e non ad un agguato programmato da tempo. 

Alcune circostanze sono infatti al vaglio degli investigatori: l’ora ed il luogo del delitto, oltre alle vie di fuga che lasciano presumere come chi ha scelto di portare a termine l’omicidio conoscesse alla perfezione i luoghi e le strade da percorrere per dileguarsi velocemente senza lasciare traccia. Quindi viene valutata attentamente la possibilità che la vittima abbia avuto qualche lite o discussione poco prima del fatto di sangue e in tal senso utili potrebbero rivelarsi tutti i contatti telefonici ricavabili dal cellulare della vittima, compresi gli spostamenti “segnati” dalle celle telefoniche.

Vero è che il delitto – se pur non inquadrabile allo stato nello scontro fra i clan Emanuele e Loielo – può essere stato compiuto necessariamente con il solo sostegno, coinvolgimento o via libera di chi a livello mafioso “controlla” il territorio. Dalle scarcerazioni e da altri dati di fatto, il controllo dell’intera zona delle Preserre –in particolare Gerocarne, Ariola, Sorianello, Soriano Calabro, Vazzano e Pizzoni – viene in questo momento attribuito al clan Emanuele.

Dal telefonino di Giuseppe De Masi e dagli impianti di videosorveglianza potrebbero quindi arrivare le risposte decisive per assicurare alla giustizia mandanti ed esecutori del grave fatto di sangue che ha macchiato il capodanno di un’intera provincia e di un’intera regione.

Le testimonianze più importanti per ricostruire gli ultimi movimenti della vittima sarebbero state infatti già raccolte dagli investigatori, il cui lavoro incessante potrebbe a breve dare i frutti sperati e fornire un nome ed un volto agli autori dell’omicidio. Ultimo particolare importante: non è stata trovata al momento alcuna auto bruciata nella zona (come solitamente avviene nei delitti di mafia) a bordo della quale sarebbe salito il sicario per darsi alla fuga.