Nell’operazione Timone gli intrecci tra un ex maestro del Grande Oriente d’Italia, un boss defunto e il politico accusato di peculato
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È stata chiusa nei giorni scorsi a Torino un'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia, denominata Timone, che tratta il rapporto tra un noto massone di Torino, Saverio Dellipaoli, candidato in passato per l'Udc, ex maestro venerabile della loggia Grande Oriente d'Italia, e il boss della 'ndrangheta Francesco Napoli, morto intanto durante il periodo delle indagini.
Dellipaoli, indagato dai pm Paolo Toso e Francesco Pelosi per avere favorito il boss in una serie di truffe su fondi Covid, avrebbe anche offerto e garantito un aiuto elettorale alle ultime elezioni comunali di Torino del 2021 a Enzo Liardo, consigliere di Fdi, accusato di peculato e istigazione alla corruzione, di cui però non è provata la consapevolezza della mafiosità dei potenziali elettori. A riportarlo è il quotidiano La Stampa, che ricorda come Dellipaoli, 64 anni, dipendente della Regione, sia stato fino al 31 dicembre 2015 funzionario della Città Metropolitana di Torino.
Alcune settimane fa si sono presentati da lui gli uomini del Gico della Finanza e gli hanno notificato la misura cautelare dell'obbligo di firma. Tra gli ulteriori soggetti coinvolti da Dellipaoli per il sostegno a Liardo è stato identificato Filippo Rotolo, già coinvolto nell'operazione Panamera della Dia. Dellipaoli, secondo le indagini, avrebbe cercato voti per Liardo, in modo da farlo risultare primo tra gli eletti, per diventare vicesindaco in caso di vittoria del centrodestra.
A settembre del 2021 la Finanza perquisì poi Liardo, che venne accusato di peculato per essere entrato in possesso (con l'aiuto di due tecnici dell'anagrafe indagati) di un cd con tutti i dati degli elettori senza pagare un'imposta di 2.767,11 euro. Gli contestano inoltre il peculato e l'istigazione alla corruzione perché, pur di avere quei file, promise a un'altra dipendente un avanzamento di carriera.