’Ndrangheta

«Che il fuoco vi divori», su Tik Tok un video contro i collaboratori di giustizia: la segnalazione arriva alla Dda di Catanzaro

Minacciosa scritta («hocu u vabbampa») in calce al post sul social network. In sottofondo la canzone “Il capo dei capi” di Merante per 50mila visualizzazioni in meno di 24 ore. La richiesta dell’avvocato di Emanuele Mancuso: «Tutelare il pentito e la sua bambina»

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di Alessia Truzzolillo
27 luglio 2024
15:55
Nel riquadro il post su Tik Tok
Nel riquadro il post su Tik Tok

La segnalazione è arrivata alla Dda di Catanzaro lo scorso 23 luglio. Si tratta di un breve video postato sul social network Tik Tok sul profilo di tale Lupin3. Il video riporta le foto di quattro collaboratori di giustizia: Emanuele Mancuso, nato in uno dei più numerosi e potenti casati di ‘ndrangheta; Marco Raduano, ex boss della mafia del Gargano; Salvatore Privitera, catanese vicino alle famiglie di mafia Santapaola-Ercolano; Vincenzo Pasquino, ex broker del narcotraffico radicato a Volpiano ma legato alle cosche di Platì.

In sottofondo si sente uno stralcio del brano “Il capo dei capi” di Teresa Merante.


Il post e la frase minacciosa: «Hocu u vabbampa»

In alto la dicitura: «“Non reggono il carcere”. Chi sono i giovani boss che hanno deciso di collaborare», mentre la canzone che inneggia a Totò Riina fa quasi da contraltare: «La galera era molto dura ma per Totò era villeggiatura». Un lavoro confezionato ad arte a voler sottolineare che i giovani rampolli della mafia contemporanea non hanno la tempra dei loro predecessori, non reggono il carcere e questo li spinge a collaborare. A coronare il tutto la scritta, in basso, in dialetto calabrese, tutta in maiuscolo: Hocu u vabbampa. Tradotto sta più o meno per: che il fuoco vi divori. Decisamente non un messaggio benaugurante.

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Dall’articolo sui «ribelli della mafia» al video su Tik Tok

Il video è stato postato all’indomani della pubblicazione su La Stampa di un articolo che parla dei «ribelli della mafia» e cita, tra gli altri, i quattro collaboratori presenti nel video su Tik Tok, ai quali, guarda caso, dedica le foto con le didascalie. L'articolo riporta gli interventi di vecchi boss ancora in pectore che affermano che «non ci sono più i mafiosi di una volta» e che i giovani «non reggono più il carcere, non se lo vogliono fare». Allo stesso tempo, però, si afferma che «qualcosa di più
dell’esclusiva propria convenienza (che pure esiste) si intravede dietro queste scelte...».

Così, mentre l’articolo del quotidiano torinese dà una connotazione positiva al fatto che le giovani leve della criminalità organizzata, da colonne per il futuro delle cosche abbiano deciso di diventare «la dinamite per far saltare in aria almeno un pezzo di passato», il video su Tik Tok li taccia come uomini deboli rispetto ai boss del passato, una connotazione negativa nel linguaggio mafioso, e augura loro una fine atroce. Da un lato si punta a screditare i collaboratori partendo dalle motivazioni che li spingono a saltare il fosso e dall'altro si mostra loro un evidente disprezzo, mentre con uno stralcio di canzone si inneggia a vecchi boss.

La segnalazione alla Dda: «Tutelare Mancuso e la sua bimba»

Per questa ragione l’avvocato di Emanuele Mancuso, Antonia Nicolini, ha segnalato il video alla Dda di Catanzaro. L’avvocato, per conto del collaboratore di giustizia, specifica di agire «a tutela dell’incolumità fisica» di Mancuso e della sua bimba piccola. Due i dati che il legale trova allarmanti: il fatto che la pubblicazione su Tik Tok sia apparsa «in concomitanza del controesame di Emanuele Mancuso nel noto procedimento cosiddetto Maestrale-Carthago (22 luglio 2024)».
Inoltre il video, segnala Nicolini, «in meno di 24 ore ha ottenuto 53mila visualizzazioni e 50 condivisioni». Oggi le visualizzazioni sono 81.288, 76 le condivisioni, 356 i like, e 128 gli inoltri.

Il difensore chiede «previ accertamenti per identificare il responsabile, di ordinare la rimozione dello stesso dal social al fine di evitare l’ulteriore diffusione con vanificazione» delle misure poste a tutela del giovane collaboratore di giustizia.

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