Quattro giorni ad inseguire il tempo, per trovare quel piccolo corpicino finito nell’abbraccio fatale del fango, o scaraventato chissà dove dalla furia dell’acqua che sera del 4 ottobre, nella zona di San Pietro Lametino, ha ucciso la giovane madre, Stefania Signore, e il fratellino di sette anni, Christian.

 

Il padre, Angelo Frijia, instancabile aiuta i soccorsi. Probabilmente non ha ancora realizzato le proporzioni della tragedia che gli si è abbattuta addosso. Una cappa di silenzio, fulmini di aguzza solitudine con i quali si troverà a fare i conti, unico sopravvissuto, quanto tutto sarà finito. Ma adesso l’imperativo è scavare. E sono centinaia le braccia che muovono le zolle, il fango, che piegano i rami.

 

Da oggi pomeriggio, nelle ricerche sono impegnate anche squadre di geofisici specializzati del Cnr. «Siamo convinti - ha detto il responsabile della Protezione civile calabrese, Carlo Tansi - che il bimbo sia finito sotto la spessa coltre di detriti accumulatasi a causa del nubifragio. Faremo quindi ricerche nel sottosuolo tramite il georadar, effettuando dei veri e propri raggi x del terreno. Laddove troviamo delle anomalie si va a scavare". "Si tratta, chiaramente - ha aggiunto Tansi - di ricerche molto complesse, ma non lasciamo nulla di intentato".

 

E d’altronde lo avevano già detto. “È come cercare un ago in un pagliaio”. Ma a volte capita che l’ago si trovi nel punto giusto per essere visto, e che Nicolò possa essere strappato da quella coltre fredda, abbracciato, scaldato, anche se in quel corpo la vita non scorre più. Riconsegnato al padre Angelo, che pianga tutte le lacrime del mondo per quella piccola vita appena sbocciata e già sfiorita. Con la misericordia che la furia della natura non conosce. Con il dolore che buca il cuore dell’uomo da parte a parte. Di chi aveva tutto e lo ha perso. Una moglie, due figli, il loro piccolo mondo che ora qualche beffarda eclissi ha nascosto per sempre.