Ha vissuto per la prima volta in una casa a 33 anni, due anni fa, Cosimo Bevilacqua. Cosimo è di etnia rom ed è uno dei portavoce della comunità di Scordovillo. Una delle personalità più stimate. Lui ce l’ha fatta. Ha preso moglie e figli e ha abbandonato quei tuguri di baracche che compongono il campo rom di Scordovillo a Lamezia Terme.

 

Ma la sua è una storia agrodolce. Cosimo ha occupato la casa in cui vive, non è il legittimo assegnatario. Esasperato da uno sgombero che non trova soluzione, da una situazione di emergenza mai sanata da 35 anni e diventata l’unica esperienza di vita per tanti, troppi rom.

 

Cosimo Bevilacqua ha occupato una delle case di via degli Uliveti costruite con fondi destinate ai rom su un terreno confiscato alla ‘ndrangheta. Case che non sono state mai terminate e, quindi, mai assegnate e che nel tempo sono state occupate da persone che avevano bisogno di un tetto sulla testa. Tra questi anche diverse famiglie italiane.

 

Ora Cosimo vive con la paura di essere mandato via. Nel campo non vuole rientrare, i suoi figli in quel ghetto che condanna alla sopravvivenza non li vuole riportare, va contro i sentimenti di qualunque genitore potere accettare una simile evenienza.

 

Sono stata sua ospite e dinanzi ad un ottimo caffè preparato dalla moglie, in una casa ordinata e pulita come uno specchio, mi ha spiegato l’emozione e il calore di quando per la prima volta ha dormito in quell’appartamento con possibilità prima mai toccate, farsi una doccia dal ritorno dal lavoro, riunire la famiglia la sera attorno ad un tavolo. 

 

E poi, ancora, l’opportunità di migliorarsi nelle abitudini e nel linguaggio frequentando persone che parlano abitualmente italiano. Pillole di quotidianità, di normalità, che ai rom che hanno lasciato il campo sembrano conquiste da tutelare e preservare con ogni forza.

 

E così Cosimo cerca un dialogo con le istituzioni e gli enti. Ha scritto al Prefetto di Catanzaro e all’Aterp. Per finire quella casa ha speso oltre dieci mila euro. Case, lo ripetiamo, costruite con fondi destinati ai rom. I lavori iniziarono nel 1997 tra continue sospensioni fino ad arenarsi completamente. Uno schiaffo in pieno viso per i rom che quegli alloggi li aspettavano. Anche se c’era chi si era espresso contrariamente. Quel blocco di appartamenti nella periferia di Lamezia poteva far pensare ad un progetto di isolamento.

 

Ora Cosimo chiede di non essere mandato via. “Datemi un futuro – dice – se mi mandate via non avrò altra possibilità che tornare al campo”.

 

 Tiziana Bagnato