VIDEO | Tanti cittadini, tecnici e qualche sindaco all'assemblea promossa dalle associazioni che si oppongono al collegamento stabile con la Sicilia. «La Stretto di Messina sta creando un ingiustificato allarme sociale»
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«Chiedo scusa, da quando mi hanno detto che c’è di nuovo il rischio che si prendano la mia casa non riesco più a dormire, sapete se posso segnalare questo problema a qualcuno?». C’è anche una signora piuttosto avanti negli anni alla prima riunione villese indetta dal network di associazioni che si oppongono all’idea del collegamento stabile con la Sicilia. E non è la sola. Avvocati, tecnici, progettisti, (qualche) sindaco della zona e tanta gente comune: l’accelerazione dell’iter per la costruzione del ponte ha risvegliato, anche sulla sponda calabrese dello Stretto, paure che sembravano seppellite con la messa in liquidazione della Stretto di Messina disposta nel 2013 dal Governo Meloni.
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Paure che sono ritornate con l'approvazione del decreto che ne disponeva la riesumazione nel 2023 e che sono peggiorate ad inizio di settimana, quando la stessa società guidata da Ciucci ha inviato l'avviso di avvio del procedimento. Un atto formale che, per quanto prematuro visto la montagna di interrogativi inevasi sulla costruzione stessa dell’opera ha, di fatto, spinto sull’acceleratore dell’iter burocratico. E così, a poco meno di una settimana dell’inaugurazione degli sportelli che si occuperanno delle tante domande dei cittadini di Villa San Giovanni, in città, la rete No ponte è tornata a fare sentire la sua voce con un’assemblea molto partecipata.
«L’avvio del procedimento è uno specchietto per le allodole – ha spiegato Laura Notarianni, avvocata e attivista del Wwf –mancano completamente le informazioni. La Stretto di Messina sta creando un ingiustificato e ingiustificabile allarme sociale. Loro aprono gli uffici e ancora non sappiamo chi ci sarà a rispondere alle domande dei cittadini».
Se la questione degli espropri resta quella che maggiormente preoccupa i cittadini – centocinquanta gli immobili che dovranno essere abbattuti in città per fare posto ai lavori per il ponte, a fonte di 300 che subiranno la stessa sorte sulla sponda siciliana – tante sono le problematiche e i dubbi che si attorcigliano su un maxi cantiere che potrebbe cambiare radicalmente il fragile equilibrio su cui si regge l’ecosistema dello Stretto.
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«Si ripropone per la quarta volta lo stesso incubo – racconta Domenico Gattuso dell’Università Mediterranea di Reggio –, da tecnico mi sono ritrovato a studiare queste carte già nel ’93, nel ’04, nel ’11 e di nuovo adesso. E ci ritroviamo sempre davanti allo stesso copione che ha cancellato, per la furia di volere realizzare questa opera a tutti i costi, ogni alternativa. Avevamo ottenuto la modernizzazione delle navi traghetto che avrebbero potuto tranquillamente trasportare i treni ad alta velocità senza dovere aspettare le manovre, ma quegli investimenti sono stati sospesi, sacrificati per la costruzione del ponte. Mancano gli studi sul traffico, ci raccontano di metropolitane in grado di collegare le due città ma si dimenticano di dirci cosa comporteranno, in termini di devastazione, i lavori necessari per scavare una stazione 25 metri sotto terra in un territorio devastato dai problemi».
Il ponte incombe ma, dopo un periodo di calma almeno apparente, anche Villa si è svegliata dal torpore che sembrava averla ammantata – a Messina già da mesi si è tornati in piazza per evitare che le due sponde dello Stretto restino solo spettatori rispetto allo stravolgimento della loro terra – e nelle prossime settimane anche da questa parte del mare si dovrebbe tornare a protestare in strada.