C’è un viavai continuo di italiani fin dalle prime ore del mattino nel nuovo ghetto dei migranti nella piana di Gioia Tauro. A contrada Russo, nel comune di Taurianova, i piccoli proprietari contrattano a buon mercato mani a basso costo per i lavori nei campi. È una sorta di centro per l’impiego “fai da te”, senza regole e o obblighi di contratti.

 

Le immagini delle ruspe che abbattevano il ghetto della vergogna a San Ferdinando, lo scorso marzo, avevano fatto il giro del mondo. Sembrava l’alba di una nuova stagione. E invece la quotidianità dei migranti continua ad essere quella di sempre. La baraccopoli non esiste più, ma i nuovi ghetti sono già nati pronti a essere invasi per la nuova stagione di raccolta, a inghiottire esistenze e dignità.

 

Siamo andati a visitare un nuovo ghetto. È in aperta campagna, la situazione è già tragica: circa 200 immigrati subsahariani sopravvivono in condizioni disumane: senza acqua né luce, montagne di spazzatura che circondano il campo e le galline che razzolano tra i rifiuti.   Il paradosso è che a sette mesi dall’abbattimento, quasi si rimpiange la baraccopoli di San Ferdinando. Le migliaia di migranti che si apprestano a arrivare nella piana per la stagione della raccolta degli agrumi, fino allo scorso anno erano concentrati nell’area industriale sanferdinandese: lì trovavano un riparo, potevano essere aiutati e controllati dalle forze di polizia.  

 

Quest’anno la situazione, invece, è già fuori controllo e non si è intravede una strategia all’orizzonte. Accampamenti sparsi nelle campagne del territorio, lontani dalle città, completamente isolati e senza servizi aumenteranno degrado ed emarginazione.

Una tragedia aggravata dal decreto sicurezza che ha trasformato tutti i richiedenti asilo in irregolari, in fantasmi senza documenti. E senza una carta d’identità non si può aprire un conto, né affittare una casa e lavorare. Nascono ghetti senza controllo, una manna per il lavoro nero e lo sfruttamento.