Continuazione fra il reato di associazione mafiosa contestato con l’operazione “Dinasty” ed il medesimo reato contestato con l’operazione “Genesi” (i cui processi in primo grado si sono celebrati a Vibo). A rideterminare la pena nei confronti del boss di Limbadi, Francesco Mancuso, 63 anni, detto “Tabacco”, è stata la Corte d’Appello di Catanzaro presieduta dal giudice Gabriella Reillo (consiglieri Francesca Garofalo e Domenico Commodaro), in accoglimento delle argomentazioni sollevate dagli avvocati Giuseppe Di Renzo, Francesco Schimio e Guido Contestabile.

 

La pena finale con le due sentenze (Dinasty e Genesi) è stata rideterminata in quella complessiva di 11 anni e 4 mesi di reclusione. Vi è però da dire che la pena definitiva di 9 anni ed 8 mesi rimediata al termine dei processi nati dall’operazione antimafia “Dinasty”, è stata già interamente scontata da Francesco Mancuso, mentre lo stesso si trova detenuto dal maggio dello scorso anno per scontare i 6 anni definitivi rimediti nel processo “Genesi”. Dunque, il continuato di pene spazza via di fatto 4 anni di reclusione per Francesco Mancuso che dovrebbe ancora scontare in carcere poco meno di due anni. Grazie alla libertà anticipata potrebbe lasciare il carcere entro fine anno, massimo i primi mesi del 2021.

 

Francesco Mancuso – ritenuto a capo di un’autonoma articolazione del clan di Limbadi –  è fratello dei boss Giuseppe Mancuso (alias ‘Mbroghja”), Diego Mancuso e Pantaleone Mancuso, detto “l’Ingegnere”, ma anche fratello di Rosaria Mancuso, in carcere per l’autobomba di Limbadi con la quale nell’aprile scorso è stato ucciso Matteo Vinci. Il 9 luglio del 2003, Francesco Mancuso ha subìto un agguato a Spilinga dove è rimasto gravemente ferito. Nell’occasione è morto Raffaele Fiammingo di Rombiolo, detto “Il Vichingo”, ritenuto esponente dell’omonimo clan del Poro e sodale di “Tabacco”.