Chiudono il cerchio su un omicidio “eccellente” nelle dinamiche della ‘ndrangheta vibonese, i carabinieri del Nucleo Investigativo e della Compagnia di Vibo Valentia con l’importante supporto sul “campo” dei militari della Stazione di Sant’Onofrio. Grazie al coordinamento della Dda (pm Camillo Falvo, procuratore Nicola Gratteri e procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri), il gip distrettuale di Catanzaro, Pietro Carè, ha firmato una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere che fa completa luce sull’omicidio di Raffaele Cracolici, alias “Lele Palermo”, il boss di Maierato ucciso il 4 maggio 2004 a Pizzo sotto una pioggia di piombo di un fucile a pompa ed un kalashnikov.

In carcere a Catanzaro – dove si trovava già detenuto quale esecutore materiale dell’omicidio di Domenico Di Leo – dalla nuova ordinanza di custodia cautelare è stato raggiunto Francesco Fortuna, 37 anni, di Sant’Onofrio, accusato di essere stato uno dei killer che, unitamente al defunto Francesco Scrugli e ad Andrea Mantella, ha aperto il fuoco contro Raffaele Cracolici. Nel carcere di Roma è stato invece rinchiuso Pasquale Bonavota, 43 anni, di Sant’Onofrio, accusato di essere stato uno dei mandanti del fatto di sangue ed indicato quale vertice dell’omonimo clan fondato dal padre Vincenzo.

 

Il clan Bonavota avrebbe eliminato Raffaele Cracolici per avere il controllo totale degli affari illeciti sull’area industriale di Maierato. Fondamentali alcune intercettazioni telefoniche ed ambientali e le dichiarazioni dei collaboratori Andrea Mantella di Vibo Valenti e Francesco Michienzi di Acconia di Curinga.

 

Le intercettazioni. Importanti per la ricostruzione del fatto di sangue si sono rilevate le attente riletture di alcune intercettazioni ambientali e telefoniche eseguite pochi giorni prima dell’omicidio di Raffaele Cracolici e anche successivamente. Intercettazioni disposte nell’ambito del procedimento penale dell’operazione “Asterix” della Procura di Vibo Valentia risalenti al 2002 e che interessavano Andrea Mantella, ma anche intercettazioni disposte dall’autorità giudiziaria di Torino in cui Pasquale Bonavota nel 2005 avrebbe non solo affermato di essersi posto a capo del clan di famiglia dopo la morte del padre, ma anche in cui avrebbe spiegato l’intenzione di uccidere Raffaele Cracolici tendendogli un agguato nel territorio di Pizzo Calabro come poi effettivamente avvenuto.

 

Le riunioni per decidere l’omicidio. Secondo le risultanze investigative ci sarebbero state diverse riunioni a Sant’Onofrio per pianificare l’omicidio di Raffaele Cracolici. Riunioni alle quali avrebbero partecipato anche alcuni esponenti del clan Anello di Filadelfia capeggiato da Rocco Anello. Personaggi come Vincenzino Fruci di Acconia di Curinga (assolto in via definitiva nell’operazione “Uova del drago” dall’omicidio Cracolici unitamente a Domenico Bonavota) e come Francesco Michienzi pure lui di Acconia di Curinga, condannato invece per tale omicidio.

 

Pasquale Bonavota il 29 aprile del 2004 ottiene l’autorizzazione del giudice a potersi allontanare da Acilia – dove si trovava sino a quel momento in regime detentivo – per andare a lavorare. In tale lasso di tempo, secondo i carabinieri, sarebbe stato dato il via libera definitivo per compiere l’omicidio di Raffaele Cracolici, eliminato il 4 maggio 2004. Una “strategia mafiosa”, quella messa in piedi dai Bonavota, che sarebbe partita già nel 2002 con l’omicidio di Alfredo Cracolici, fratello di Lele ed ucciso nel febbraio 2002. Un fatto di sangue, quest’ultimo, che al momento resta impunito.

 

Giuseppe Baglivo