Francesco Labate ha deciso di collaborare con la giustizia. Il genero del boss Filippo Barreca, arrestato nell’ambito dell’operazione “Metameria”, nelle scorse settimane ha iniziato a parlare con i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, riempiendo pagine di verbali. La notizia è emersa nel corso dell’udienza odierna tenutasi davanti al Tribunale del Riesame, dove sono in corso gli interventi di accusa e difesa per gli indagati attinti da misura cautelare.

Labate viene ritenuto un partecipe della cosca Barreca che, dopo anni di silenzio, è tornata sulla scena criminale. Secondo i magistrati della Dda, Labate è uno dei collaboratori più fidati di Barreca, nonché suo ambasciatore sul territorio. Stando a quanto ricostruito dall’accusa, il neo pentito sarebbe stato deputato alla gestione della raccolta estorsiva, avrebbe effettuato sopralluoghi nel territorio per individuare i cantieri degli imprenditori da sottoporre ad estorsione, formulando richiesta di denaro in nome e per conto del capo del sodalizio, procedendo poi alla riscossione.

Non solo, Labate avrebbe anche perpetrato danneggiamenti ed intimidazioni nei confronti degli imprenditori e dei commerciali che non si adeguavano alle richieste della cosca. Dalle risultanze delle indagini, inoltre, avrebbe partecipato alle riunioni operative con gli accoscati e con i rappresentanti delle altre ‘ndrine della provincia reggina, nonché avrebbe accompagnato Filippo Barreca nei suoi spostamenti, offrendo supporto per eludere le prescrizioni della detenzione domiciliare.

Nello specifico, Francesco Labate, in diversi casi, si sarebbe fatto latore delle richieste estorsive della cosca Barreca nei confronti di imprenditori operanti nella zona di Pellaro, recandosi ripetutamente da costoro per ottenere le somme di denaro. In un altro caso, anche nei riguardi dei titolari di un noto pub della zona di Pellaro. «Ci sono io che vedo – dichiarava nell’ottobre 2018 – non ti preoccupare, vedo e non mi sfugge niente». Così Francesco “Checco” Labate parlava con altri sodali, con riferimento alla sua posizione di “guardiano” degli interessi della cosca Barreca.

Parte del materiale probatorio arriva dal captatore informatico installato sul dispositivo di Labate, nei confronti del quale il gip si esprime affermando che fosse uno dei colonnelli della cosca, «assolutamente adesivo alle sue direttive, controllare spietato del territorio, autore di molteplici estorsioni e portatore di una caratura criminale mafiosa elevatissima».

Ora la sua decisione di collaborare con i magistrati della Dda e raccontare tutte le sue verità sulla cosca Barreca. Un colpo non da poco per il boss Filippo Barreca, cosciente che qualcuno dei suoi più fidati colonnelli abbia deciso di narrare i segreti del ritorno sulla scena del crimine.