C’è un nuovo collaboratore di giustizia nel Vibonese. O meglio, nelle Preserre vibonesi. Ciò che era stato ripetutamente ventilato già all’indomani (nel novembre scorso) della scoperta di un cadavere nei boschi di Ariola poi identificato in quello di Antonino Loielo di Gerocarne – sparito per lupara bianca nell’aprile 2017 – ha trovato conferma ufficiale stamane in udienza dinanzi alla Corte d’Assise di Catanzaro dove si sta celebrando il processo per l’autobomba costata a Limbadi la vita al biologo Matteo Vinci. Il pm della Dda di Catanzaro, Andrea Mancuso, ha infatti chiamato a deporre nel processo, per la prossima udienza, Walter Loielo, 23 anni, figlio di Antonino.

La circostanza che proprio Walter Loielo fosse passato fra le fila dei nuovi collaboratori di giustizia era già stata anticipata dalla nostra testata il 3 dicembre scorso nel dare notizia dell’avviso di accertamenti tecnici irrepetibili firmato dal pm della Procura di Vibo Valentia, Filomena Aliberti, la quale per la lupara bianca che nell’aprile del 2017 colpì Antonino Loielo ha formalmente iscritto sul registro degli indagati due dei figli della vittima. Walter Loielo è difeso d’ufficio in quel procedimento dall’avvocato Valeria Maffei, prestigiosa penalista del Foro di Roma che, tra i suoi assistiti, ha anche il superpentito di Cosa Nostra Gaspare Spatuzza. Da tale dato di fatto già dal mese di dicembre si aveva certezza che proprio Walter Loielo aveva deciso di “saltare il fosso” con gli inquirenti. L’omicidio di Antonino Loielo è contestato solo ad Ivan Loielo. Il fratello Walter, invece, avrebbe concorso all’occultamento del cadavere, seppellito tra i boschi di Ariola, alla periferia di Gerocarne.

La scomparsa di Antonino Loielo non fu mai denunciata da alcuno dei suoi familiari – ovvero l’ex moglie, la nuova compagna e altri otto figli – tutti indicati come persone offese. Sul caso indaga la Squadra Mobile di Vibo Valentia guidata dal dirigente Fabio Di Lella, con il coordinamento del procuratore Camillo Falvo e del sostituto Filomena Aliberti. La vittima sarebbe stata uccisa a colpi d’arma da fuoco ed in seguito il corpo sarebbe stato condotto tra i boschi, avvolto in un cellophane e qui seppellito vicino alla carcassa di una vecchia Fiat 500 rossa.

Il 4 novembre scorso, quindi, gli scavi dei poliziotti di Vibo Valentia che – all’esito di una svolta sulle indagini condotte nelle Preserre, sconvolte sin dal 2012 dalla recrudescenza della faida tra gli eredi dei defunti boss Giuseppe e Vincenzo Loielo ed i reduci a piede libero del clan Emanuele – hanno riesumato il cadavere. Lo scomparso – che era stato bersaglio, nel 2015, di un gravissimo attentato mentre era in auto con alcuni figli e la compagna al sesto mese di gravidanza – sarebbe stato ucciso per questioni afferenti la sfera familiare e, pertanto, l’omicidio ed il successivo occultamento del cadavere non sarebbero maturati per ragioni mafiose.

La decisione di Walter Loielo di collaborare con la giustizia potrebbe assestare colpi mortali ai clan delle Preserre vibonesi ed in particolare nel triangolo Gerocarne, Sorianello, Soriano Calabro. Non è un mistero, infatti, che da tempo proprio in tale fascia di territorio siano in corso diverse indagini per via di numerosi fatti di sangue rimasti allo stato impuniti. Scie investigative che si ricavano sia dall’operazione antimafia Black Widows, sia dal fatto che un altro collaboratore della zona – Nicola Figliuzzi di Sant’Angelo di Gerocarne – ha riempito sinora decine di verbali i cui contenuti sono ancora coperti di omissis e depositati in diverse inchieste (Rinascita-Svott su titte). La decisione del pm della Dda di Catanzrao, Andrea Mancuso, di ascoltare nel processo sull’autobomba di Limbadi il nuovo collaboratore Walter Loielo potrebbe essere dettata dal fatto che, secondo le ipotesi investigative, proprio dalla zona delle Preserre vibonesi sarebbe arrivato l’esplosivo usato per far saltare in aria Matteo Vinci. In ogni caso, la scelta di Walter Loielo di collaborare con la giustizia potrebbe aiutare gli inquirenti ad avere chiari gli equilibri mafiosi delle Preserre a seguito della ripresa dei contrasti fra i Loielo e gli Emanuele, tutti inseriti nella società di ‘ndrangheta di Ariola.

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