Avevano nascosto condanne per ‘ndrangheta, a loro carico o di parenti, tramite false attestazioni, in modo da ottenere il reddito di cittadinanza pur non avendone diritto. Cinque persone, di origini calabresi, sono state denunciate dai carabinieri di Reggio Emilia.

Agli indagati, due uomini di 64 e 58 anni e tre donne di 56, 40 e 35 anni, si contesta di aver indebitamente percepito la somma complessiva di 32mila euro corrisposta dall’Inps tra il 2019 e il 2021.

Durante le indagini sono state analizzate le posizioni di molte persone colpite da condanne e da ordinanze di custodia cautelare in carcere nelle principali operazioni antimafia contro l’infiltrazione della ‘ndrangheta e, in particolare, della cosca Grande Aracri di Cutro, condotte negli ultimi anni nel Reggiano e nel nord Italia, nonché dei rispettivi familiari conviventi.

Le sentenze e le ordinanze passate al setaccio sono state quelle di Aemilia, Grimilde, Farma Business e Camaleonte, le prime due a seguito di indagini della Procura distrettuale antimafia di Bologna, la terza della distrettuale di Catanzaro mentre l’ultima della distrettuale di Venezia. Nell’inchiesta sono emerse false attestazioni del Dsu (dichiarazione ubica sostitutiva).

Quattro denunciati, questo il quadro accusatorio, hanno omesso di dichiarare, come previsto, che loro familiari erano stati condannati per reati commessi con l’aggravante del metodo mafioso, mentre uno ha nascosto di essere stato condannato nell’ambito del processo Aemilia.

I carabinieri del nucleo ispettorato del lavoro e del nucleo informativo di Reggio Emilia hanno anche comunicato all’Inps la non corrispondenza al vero delle dichiarazioni fornite nella domanda per il reddito di cittadinanza per ottenere la revoca del beneficio, nel frattempo già sospeso.