L’imprenditore torna a chiedere una tutela dopo le minacce di morte. Lettera al ministro Piantedosi e al procuratore nazionale antimafia Melillo: «Non lasciatemi solo»
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Teme per la sua vita ed è stanco. Non trova il lieto fine la storia dell’imprenditore reggino Gaetano Caminiti che per metà della sua vita, oltre 30 anni, è stato e continua ad essere nel mirino della ‘ndrangheta che non perdona e non dimentica.
Adesso, dopo l’ennesima intimidazione, dopo 7 anni il testimone di giustizia torna a chiedere la scorta perché teme per la sua vita. L’appello accorato è indirizzato tra gli altri al procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, al ministro dell'Interno Matteo Piantedosi e alla presidente della Commissione parlamentare antimafia Chiara Colosimo. Il motivo va ricercato in quanto vi abbiamo raccontato raccogliendo la testimonianza dello stesso Caminiti: l’ennesima minaccia di morte arrivata il 13 dicembre scorso. Nell’appello si fa riferimento a come nel corso degli anni Caminiti sia stato «destinatario di agghiaccianti atti delittuosi, non soltanto in pregiudizio di beni patrimoniali, ma anche e soprattutto della persona, nel cui contesto spiccano il tentato omicidio consumato in data 12/02/2011, e l'altro attentato alla vita verificatosi il 29/12/2016».
Anni di denunce nei confronti della criminalità organizzata reggina, assumendo «quanto mai legittimamente lo status di Testimone di Giustizia, così come riconosciuto dalle Autorità Istituzionali nazionali; che, tantissimi sono stati gli episodi intimidatori consumati nei confronti del deducente, tutti regolarmente denunciati alle Autorità competenti; che, per questi motivi, ex ante, è stata assegnata l'opportuna tutela di quarto livello, a protezione dello stesso; che, altresì, si è attivato un opportuno servizio di scorta ex post revocato per "mancanza di elementi concreti ed attuali in ordine all'esposizione al rischio”».
Adesso i motivi sembrano essere tornati di stretta attualità. E ad emergere ed essere cristallizzata anche nella richiesta è «l'indifferenza istituzionale, a vivere in una inquietante, quotidiana condizione, di lacerante solitudine». In questo quadro è riemersa la paura con l'ennesima minaccia intimidatoria, "sei morto, basta una di questa, ti diamo in pasto ai maiali", unitamente a un proiettile "fiocchi", calibro 7.65.
Da qui la richiesta legata a un «rinnovato, crudele pericolo, oggi purtroppo riemersa nei confronti di Caminiti ormai completamente isolato, che continua a vivere una solitaria condizione giornaliera scandita dall'ansia e dalla paura».
La richiesta è chiara: «Ripristinare il servizio di tutela, prima che accada qualcosa di irreparabile nei confronti della vittima e dei familiari della stessa».