Reggio Calabria, la Locride, la Piana, il Vibonese, il Lametino, le Serre, il Soveratese, l’Isolatano, il Cirotano e la Piana di Sibari. Sono questi i territori calabresi in cui ci sono state impennate nell’ambito della crescita della ndrangheta e che sono a rischio perché potrebbero diventare scenari di nuovi delitti volti ad imporre nuove strategie e domini.

 

Lo dice la nuova relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia che fa riferimento all’ultimo semestre 2014. Dalle pagine del dossier emerge la figura di una ndrangheta camaleontica, capace e costretta a mutare d’abito sia per potere sopravvivere che per potere allargare i propri tentacoli su nuovi orizzonti.

 

Ecco perché la ndrangheta è alla continua ricerca, spiega il rapporto, di imprenditori, dirigenti d’azienda, professionisti, politici. Una rete che fa poi da lasciapassare e le permette di entrare negli snodi principali dell’economia, del commercio, della finanza, della pubblica amministrazione.

 

Il business maggiore rimane il narcotraffico, con volumi tali da fare considerare la ndrangheta al livello di una grossista. I soldi della cocaina e dell’eroina vengono poi reinvestiti per lavorare su altri livelli, come la politica, su cui, spiega la Dia, la ndrangheta riescea penetrare fino ad arrivare al controllo della cosa pubblica”.