«Spesso invito pubblicamente le persone a liberarsi della mentalità ‘ndranghetista che è una mentalità tipicamente demoniaca». Attilio Nostro, vescovo di Mileto, rifiuta l’etichetta di prete anti ‘ndrangheta, nonostante esattamente un anno fa trovò un bossolo di pistola nella cassetta delle lettere della Curia vescovile. Un messaggio tipicamente mafioso che l’alto prelato raccontò ai fedeli dal pulpito del Duomo di San Leoluca. Eppure - dice Nostro nell’ultima puntata di Primi Piani, il format a cura di Francesco Tricoli (LaC Tv, giovedì ore 23.30) - «non posso essere definito un vescovo antidrangheta, perché essere evangelico non è compatibile con l’essere “anti” qualcosa, contro qualcuno, e io spero di essere ricordato come un vescovo che vive il Vangelo fino in fondo». «Cristo - aggiunge - non ha mai trattato nessuno da nemico ma tutti come interlocutori».

“Agnelli tra lupi”, questo il titolo dell’ultima puntata di Primi Piani, che ha raccontato le storie delle vittime innocenti di mafia: ad oggi 230 in Italia, tra cui 42, 34 bambini e 12 minori. Morti senza alcuna colpa se non quella di essere nel posto o nel contesto sbagliato. Come Francesco Vangeli, il 26enne ucciso a Mileto nella notte tra il 9 e il 10 ottobre 2018, colpito con un colpo d’arma da fuoco e gettato ancora agonizzate nel fiume Mesima mentre la sua auto veniva data alle fiamme.

«Quando i parenti di queste persone uccise vengono a parlare con me mi limito soprattutto ad ascoltarli, se me lo chiedono rispondo, ma in realtà si tratta di accompagnarli nell’elaborazione di un progetto di vita. Ho visto genitori che non si sono dati per vinti e hanno fatto l’esatto opposto di quello che la morte li aveva costretti a fare, cioè rassegnarsi, fermarsi. Io stesso - continua il vescovo - sono uscito fuori dalla morte di mio fratello (scomparso a causa di una malattia, ndr) perché il Signore mi ha messo nel cuore un progetto di vita».
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