Il 43enne chiamato a deporre nell'ambito del processo per l'omicidio di Fortunato Patania, da poco più di due settimane è stato ammesso nel programma di protezione
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E’ stato chiamato a deporre nel processo d’appello per l’omicidio del boss di Stefanaconi Fortunato Patania, il nuovo collaboratore di giustizia Giuseppe Comito, 43 anni, di Vibo Marina, condannato in via definitiva a 30 anni di reclusione nel processo “Gringia” per concorso nell’omicidio di Francesco Scrugli, ucciso nel quartiere Pennello a Vibo Marina nel marzo 2012 dal clan Patania di Stefanaconi, e per il ferimento nella stessa occasione di Rosario Battaglia e Raffaele Moscato. Il nuovo “pentito” sarà chiamato a rispondere alle domande del sostituto della Procura generale di Catanzaro, Raffaella Sforza, ed a confermare quanto rilasciato di recente a verbale ai carabinieri del Nucleo Investigativo di Vibo Valentia ed al pm della Dda di Catanzaro Annamaria Frustaci. Un verbale messo a disposizione dei difensori degli imputati del processo per l’omicidio Patania e che LaCnews24 è in grado di svelare.
“Sono a conoscenza di quanto mi è stato raccontato dai figli di Fortunato Patania, vale a dire Saverio Patania, Salvatore Patania e Nazzareno Patania, nonché da Francesco Lopreiato cognato di Salvatore Patania. Loro mi hanno raccontato – dichiara Giuseppe Comito, detto “U Canna” – che l’omicidio di Nato Patania era stato commesso dai Piscopisani ed in particolare da Francesco Scrugli, Sarino Battaglia e Davide Fortuna. Loro pensavano che gli esecutori materiali fossero stati Francesco Scrugli insieme a Sarino Battaglia, mentre Davide Fortuna faceva da vedetta e guardava dall’alto della collinetta con il binocolo. Loro avevano saputo di questa circostanza, nonostante Davide Fortuna avesse fatto sapere che al momento dell’omicidio di Nato Patania era partito a Bologna. Invece la famiglia Patania era venuta a sapere che Davide Fortuna, contrariamente a quanto dallo stesso dichiarato, si trovava in zona. Non sentito altro sull’omicidio di Nato Patania”.
Da ricordare che per tale fatto di sangue, la Corte d’Assise di Catanzaro il 10 aprile 2018 ha condannato all’ergastolo: Rosario Battaglia, 35 anni di Piscopio; Rosario Fiorillo, 30 anni di Piscopio; Francesco La Bella, 47 anni di Piscopio. Tre anni per favoreggiamento, invece, con la caduta dell’aggravante aggravante mafiosa, per Michele Pietro Russo, 30 anni, di Piscopio (l’accusa aveva chiesto per lui 21 anni e mesi 4 di reclusione per concorso in omicidio). Assolto Salvatore Tripodi, 48 anni di Portosalvo (il pm aveva chiesto l’ergastolo). Per gli imputati la pesante accusa di concorso in omicidio con l’aggravante della premeditazione e le finalità mafiose.
Ma da chi Giuseppe Comito avrebbe appreso quanto riferito in merito all’omicidio di Fortunato Patania? E’ lo stesso nuovo collaboratore di giustizia a svelarlo. “Quanto ho detto – ha fatto mettere a verbale Peppe “U Canna” – mi è stato detto anche nel corso degli incontri avvenuti con Saverio Patania da Pantaleone Mancuso, detto Scarpuni (in foto), e da Francesco Alessandria che era sempre con loro. Conosco personalmente Salvatore Tripodi – racconta ancora Comito – perché abita vicino casa mia a Vibo Marina, neanche a 300 metri di distanza da casa. Lo conosco da una vita, da almeno 25 anni. Per quanto a mia conoscenza appartiene ad un contesto criminale che è contrapposto a quello di Pantaleone Mancuso. I Tripodi hanno il loro cantiere e la loro zona: questo dato era conosciuto anche all’interno della famiglia di cui facevo parte insieme a Nino Accorinti, a sua volta vicina a Pantaleone Mancuso. Erano noti i contrasti che c’erano fra i Tripodi ed i Mancuso, si trattava di dissidi sui vari cantieri. Ricordo che nel 2011 Pantaleone Mancuso mandò un’imbasciata tramite Saverio Prostamo, che poi a sua volta si è rivolto a me per fare da tramite, mandandogli a dire ai Tripodi di non fare la pipì fuori dal secchio, in quanto i Tripodi avevano fatto un atto intimidatorio ad un’impresa che si occupava di vendita di case e di pulizie, gestione dei condomini e giardinaggio a Vibo Marina.
I rapporti fra i Piscopisani e Salvatore Tripodi. “Salvatore Tripodi era in rapporti di parentela con Sarino Battaglia – racconta ancora Giuseppe Comito – in quanto la madre di Sarino è la zia della moglie di Tripodi. So che Pantaleone Mancuso li riteneva entrambi responsabili dell’omicidio di Michele Palumbo. Gli ho sentito dire questo in tante occasioni, sia a Nicotera Marina, sia da Nino Accorinti. Tutti sapevamo che questo fatto era stato commesso da queste persone. In quel periodo Michele Palumbo era il referente di Pantaleone Mancuso sia a Vibo Marina, sia a Portosalvo, sia a Pizzo Calabro. Non so riferire – aggiunge il nuovo collaboratore – se Salvatore Tripodi abbia preso parte anche alla faida fra i Patania ed i Piscopisani”.
Giuseppe Comito aggiunge infine che negli scorsi anni l’articolazione del clan Mancuso facente capo a Pantaleone Mancuso aveva collocato una bomba al “bar Tiffany di Vibo Marina della famiglia Tripodi ed una alla macchina Rav 4 di Salvatore Tripodi parcheggiata vicino casa mia”. Giuseppe Comito sarà ora chiamato a confermare in aula tali dichiarazioni nel processo d’appello per l’omicidio di Fortunato Patania.