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Le indagini, che stamani hanno portato al fermo di 33 persone e al sequestro preventivo di 54 persone, hanno accertato il diretto coinvolgimento del gruppo imprenditoriale Bagalà, che ha costituito e consolidato nel settore degli appalti pubblici in Calabria una posizione di assoluto predominio, sfruttando l’appartenenza alla nota cosca Piromalli, tra le più potenti della ‘ndrangheta, e riuscendo sistematicamente a turbare almeno 27 gare indette da plurime stazioni appaltanti nel periodo 2012/2015 per un valore complessivo superiore a 90milioni di euro.
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Il "modus operandi" - L’illecito modus operandi posto in essere grazie anche ai rapporti corruttivi con funzionari appartenenti alle medesime stazioni appaltanti nonchè all’operato di diversi professionisti collusi, ha consentito di sviare il regolare svolgimento delle gare pubbliche mediante la costituzione di un cartello composto da oltre 60 società che, attraverso la presentazione di offerte precedentemente concordate, è stato in grado di determinare l’aggiudicazione degli appalti a una delle imprese della cordata. E' stata infatti individuata una cerchia di soggetti risultati pienamente inseriti in quella organizzazione che gli indagati, negli stessi dialoghi intercettati, hanno definito la “Cumbertazione” (termine dialettale reggino utilizzato per indicare un’associazione “chiusa”).
Accanto al nucleo essenziale della famiglia Bagalà, in particolare dei fratelli Giuseppe e Luigi, 70 e 61 anni, nonchè dei rispettivi figli Francesco, 27 anni, e Francesco, 40, sono stati individuati altri soggetti, con ruoli chiave nel sistema di controllo degli appalti di lavori gestito dagli stessi. Tra questi l'ing. Pasquale Nicoletta detto Rocco ed alla sorella di questi, Angela Nicoletta, anch’essa parte del sodalizio criminale e testa di ponte della cosca Piromalli all’interno dell’amministrazione comunale di Gioia Tauro.
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Cruciale la figura anche di Giorgio Morabito, soggetto originario di San Giorgio Morgeto (RC) che, già attivo nel settore degli appalti di lavori, si è affiliato alla cosca Piromalli avendo intuito che per fare il salto di qualità nel settore degli appalti doveva sposarne la causa.
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Le ditte compiacenti - Accanto a tali soggetti, si sono collocate una serie di ditte compiacenti aventi sede in Calabria, nel Lazio, in Sicilia, in Campania, in Toscana a cui venivano fatte presentare le offerte secondo importi che avrebbero automaticamente garantito ad una di esse l’aggiudicazione. In taluni casi, le predette imprese, scelte in ragione dei propri requisiti tecnici ed economici, si sono prestate a partecipare fittiziamente alle gare, ricevendo in cambio una percentuale che variava dal 2,5% al 5% sull’importo posto a base d’asta, al netto del ribasso, in altri casi, le stesse hanno presentato offerte fittizie, ricevendo in cambio, ad esempio, la garanzia che l’organizzazione, a sua volta, avrebbe presentato offerte fittizie per appalti di loro interesse così aiutandole ad aggiudicarsi le relative gare.
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Il sistema delle procure speciali - In questo sistema, sostenuto da un collante composito fatto di corruzione, imposizione ‘ndranghetistica e collusione, lo scopo perseguito dai Bagala’ è stato quello di garantirsi il controllo del sistema delle gare pubbliche indette dalle stazioni appaltanti calabresi, procurandosi l’aggiudicazione illecita delle commesse da parte di imprese colluse, per poi effettuare direttamente i lavori garantendosi la presenza sul territorio attraverso il sistema delle procure speciali rilasciate al Giorgio Morabito e ad altri. Anche laddove il richiamato cartello non fosse riuscito vincitore, infatti, venivano messe in atto manovre – sotto forma del subappalto o della procedura di nolo – al fine di controllare in maniera diretta la gara.
Il vantaggio derivante in capo all’organizzazione, ma in particolare ai Bagala’ e quindi alla cosca Piromalli, è stato molteplice. Da un lato, quello economico direttamente derivante dall’esecuzione dell’appalto “per procura”; in secondo luogo quello di favorire diversi imprenditori mafiosi operanti sul territorio di esecuzione dei lavori, così da aumentare il prestigio dell’organizzazione, creare sinergie imprenditoriali/mafiose, consenso ed alleanze; in terzo luogo, vi è il vantaggio in termini mafiosi di eseguire visibilmente tutti i lavori in un dato territorio, come il comune di Gioia Tauro, rafforzando così la posizione della cosca Piromalli. Infatti, l’occupazione dei cantieri locali permette anche l’assunzione delle maestranze imposte dalle famiglie ‘ndranghetistiche competenti per territorio, così ulteriormente permettendo all’organizzazione di creare un sistema “per cui tutti sono contenti”, prendendo in prestito le parole del Giuseppe Bagalà cl. 57.
Naturalmente per ottenere tali benefici, l’organizzazione ha curato i rapporti con il territorio, ossia con le cosche di ‘ndrangheta competenti localmente, riconoscendo la tradizionale “tassa ambientale” del 3%. Proprio a tal proposito, Giuseppe Bagalà, cl. 57 ha parlato di un fondo a ciò deputato ed alimentato con una percentuale del valore dell’appalto accantonata dall’organizzazione.
L’operato illecito dell’organizzazione ha interessato anche la fase più propriamente esecutiva dei lavori in quanto, in alcune gare, sono state apportate varianti non autorizzate al progetto ed è stato riscontrato l’utilizzo di materiale scadente e/o di qualità diversa rispetto a quella prevista nel capitolato di appalto. (m.s.)