Una "santabarbara" di «armi da guerra» nella disponibilità della curva nord dell'Inter. Con queste parole il gip di Milano, Domenico Santoro, ha descritto «l’arsenale» degli ultras nerazzurri scoperto nella notte fra venerdì e sabato nella disponibilità di Cristian Ferrario, il factotum del capo curva Andrea Beretta in carcere dal 4 settembre per l'omicidio di Antonio Bellocco, rampollo dell'omonima cosca di ‘ndrangheta di Rosarno, e oggi “pentito” che collabora con i pm Paolo Storari e Sara Ombra a gettare nuova luce sui traffici del tifo organizzato milanese decapitato dall'inchiesta “Doppia Curva” della Dda di Milano.

Martedì il gip ha convalidato l'arresto in flagranza di Ferrario e disposto per l'ultras 50enne nerazzurro la custodia cautelare in carcere. Dopo essere finito ai domiciliari nel primo filone d'indagine a settembre - sostituito dall'obbligo di dimora con divieto di allontanamento in orario notturno - le manette ai polsi dell'uomo sono scattate con la scoperta di un magazzino nella sua disponibilità a Cambiago, nel Milanese, con all'interno armi e ordigni tra cui kalashnikov, bombe a mano e proiettili.

Cinquantaquattro pezzi repertati dagli agenti diretti al capo della squadra mobile, Alfonso Iadevaia, e dal Nucleo artificieri della Questura, fra cui compaiono carabine Remington, fucili-doppietta della Beretta, AK47, mitragliatrici Uzi, fucili a pompa, proiettili e munizioni, puntatori laser e 3 bombe a mano di fabbricazione jugoslava. Una scoperta che getta una «sinistra luce», si legge nelle 16 pagine del provvedimento, con riguardo all'ipotesi di associazione a delinquere finalizzata all'agevolazione della 'ndrangheta contestata a settembre agli ultras interisti. Perché se è ragionevole «ipotizzare», scrive il gip, che in un «contesto come quello del tifo» si possano trovare petardi, fuochi d'artificio e anche «strumenti atti ad offendere» (mazze, coltelli, bastoni, tirapugni), il ritrovamento di «bombe a mano dall'elevatissima capacità offensiva», «giubbotti antiproiettile» e materiale con cui camuffarsi da poliziotti (pettorine con la scritta blu Polizia e palette) dipinge un «quadro inquietante». Per il giudice si è di fronte a «una proiezione criminosa» della curva nerazzurra «più preoccupante di quella finora emersa».

La base militare della Curva Nord

Nel verbale di arresto la “base” militare della Nord viene identificata in una serie di box di via Comotti 6, formalmente di proprietà di un costruttore che sentito dagli inquirenti ha riferito di averli affittati in nero «prima del periodo Covid» a due soggetti identificati come «Cristian e Andrea». Semplice l'identificazione dei locali contrassegnati da «porte basculanti di colore rosso scuro» e «dislocati nel cortile condominiale» al «lato sinistro della rampa di accesso».

La successiva identificazione fotografica da parte dell'imprenditore di "Cristian" e "Andrea" ha fatto il resto. Perquisito nella sua abitazione a Ferrario è stato trovato un mazzo di chiavi «sotto lo zoccolo del mobile del lavello». Poco credibile è stata ritenuta la difesa del 50enne, assistito dall'avvocato Mirko Perlino, che durante l'interrogatorio di convalida ha sostenuto di non sapere a cosa servisse il deposito («era Beretta che mi diceva visto che abiti a Cambiago vai e portagli i soldi»), né che ci fossero armi («mai visto nulla») all'interno e che se lo avesse saputo avrebbe provato a «disfarsene». Come del resto di avere le chiavi nascoste nella casa a lui messa a disposizione da una società di Beretta. È «illogico pensare», scrive il gip, che Beretta avrebbe nascosto quello che appare «l’unico mazzo di chiavi» (consegnato a Ferrario dal proprietario dei box) nella sua abitazione e che avrebbe «consentito l'accesso alla sua santabarbara» a un persona estranea «alle dinamiche criminali». Con il rischio di una «delazione» o «scoperta» dell'arsenale.