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Confisca definitiva di beni mobili, immobili e societari per il valore di 5 milioni di euro agli eredi del boss della 'ndrangheta Giuseppe Cirillo, originario del Salernitano, deceduto nel 2007 e promotore dell'organizzazione criminale "locale di Sibari", attiva in Calabria. I beni ereditati, secondo l'accusa, erano stati acquisiti con risorse di provenienza illecita. È quanto accertato dal Nucleo di Polizia Tributaria - Gico del capoluogo salernitano che fece scattare l'ordinanza della Sezione Misure di Prevenzione della Corte di Appello di Salerno, confermata dalla Cassazione il 10 aprile scorso.
I giudici di legittimità, rigettando i ricorsi degli eredi di Cirillo senior e dagli altri destinatari dei decreti di sequestro, hanno reso irrevocabile la misura. I pm della Dda di Salerno, tra i primi in Italia ad avanzare una richiesta di confisca di beni nei confronti degli eredi di una persona “aggredibile” da un punto di vista patrimoniale, avanzarono la richiesta di confisca al tribunale poco dopo l'entrata in vigore della norma che ha esteso la platea dei potenziali destinatari di confisca e comunque entro 5 anni dalla morte del boss.
Cirillo era stato condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso e per numerosi altri reati maturati nel contesto di una sanguinosa guerra di 'ndrangheta. Appartenente alla “Nuova Camorra Organizzata” di Raffaele Cutolo, Giuseppe Cirillo aveva accresciuto la propria fama criminale in Calabria per poi essere sottoposto a sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per tre anni a Serra dei Conti, vicino ad Ancona. Da lì continuò a seguire le vicissitudini della propria organizzazione malavitosa.
Sono dieci in tutto, tra eredi del boss e terzi interessati, le persone raggiunte dalla confisca definitiva della Suprema Corte. Sei, invece, sono gli immobili confiscati, tutti ricadenti nel territorio di Mercato San Severino, nel Salernitano: tre appartamenti, due locali commerciali e un terreno. Oggetto di confisca, inoltre, anche una società di capitali, già sottoposta ad amministrazione giudiziaria dal 2014, che si occupava, tra le altre attività, anche della distribuzione di caffè e della gestione di un rinomato centro estetico. Questi beni, ora, saranno restituiti all'Erario e utilizzati dalla collettività per finalità sociali e di pubblico interesse.