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Il gip di Milano ha disposto, accogliendo la richiesta della Procura, il processo immediato per 8 indagati anche in relazione all'esplosione in una palazzina di Pioltello avvenuta il 10 ottobre del 2017, che aveva portato all'evacuazione di 27 persone. Un atto che viene considerato intimidatorio dal pm Paolo Storari ai danni di un 45 enne ecuadoriano, all'epoca residente nell'edificio, per ottenere la restituzione di un prestito usurario. Il materiale esplosivo era stato messo proprio davanti alla porta della famiglia sudamericana.
Per la vicenda erano finiti in carcere nei mesi scorsi, tra gli altri, Roberto e Manuel Manno, esponenti della nota famiglia di 'ndrangheta. Secondo le indagini, nell'agosto del 2016 gli indagati avevano concesso un prestito di 3 mila euro a un cittadino ecuadoriano residente a Pioltello, cifra che l'uomo avrebbe dovuto restituire con interessi usurari di 400 euro mensili per un totale di 32 mila euro. Nel corso di un incidente probatorio, l'ecuadoriano aveva confermato che a far esplodere la bomba sarebbe stato Roberto Manno, dopo che le vittime sarebbero minacciate dal cugino Manuel. Nel capo d'imputazione, il pm accusa Manuel Manno e ad altri indagati di avere minacciato di sequestrare e "mettere nel giro della prostituzione" la moglie dell'uomo a cui era stato concesso il prestito "nel caso di mancato pagamento". A loro viene contestata anche l'aggravante di "aver commesso il fatto con modalità mafiose". A Roberto Manno viene attribuito anche il pestaggio di un giovane per un debito di droga. Agi
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