I dissapori del manager con l'ex dg dell’Asp Talarico: «L’ho accusato e mi ha chiesto di mentire». Il risentimento di Piraino: «Bacchettavo il fratello e lui mi telefonò dicendomi di smetterla». La «farsa» dell’accordo per i 500 voti. Ma la narrazione dell’ex dirigente non fa breccia e resta ai domiciliari
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«Io non conosco personalmente Luigi Mancuso, nonostante sia mio compaesano…». L’ex capo dipartimento di Prevenzione dell'Asp di Vibo Valentia Cesare Pasqua oggi è imputato nel procedimento Maestrale-Olimpo-Imperium che si trova in fase preliminare. L’ex manager sanitario – in attesa della decisione del gup sui rinvii a giudizio – è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa perché avrebbe asservito la struttura pubblica che dirigeva alle esigenze delle cosche Mancuso di Limbadi e Fiarè di San Gregorio D’Ippona. In cambio avrebbe ricevuto «protezione mafiosa per la risoluzione di problemi» e appoggio elettorale per il figlio. Pasqua, infatti, è accusato anche di scambio elettorale politico-mafioso poiché nel 2020 avrebbe accettato la promessa di ricevere 500 voti in favore del figlio, candidato alle regionali, da parte di appartenenti alle consorterie mafiose e in cambio avrebbe promesso di intervenire per «favorire la società "Arte del Catering” (di cui Colloca sarebbe titolare occulto) nell'ambito del settore delle mense ospedaliere, attraverso la garanzia, tra le altre cose, dell'immunità dai controlli igienico-sanitari». Per questi fatti Pasqua deve rispondere anche di corruzione.
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«Nei miei confronti dicerie»
L’otto settembre scorso, nel corso dell’operazione Maestrale-Carthago il dirigente vibonese è finito agli arresti domiciliari, e vi si trova tutt’ora. Il primo interrogatorio lo ha condotto il 14 settembre davanti al gip di Vibo Valentia Barbara Borelli.
La prima accusa sulla quale risponde Pasqua riguarda la sua vicinanza alle famiglie di mafia Mancuso e Fiarè e gli «ottimi rapporti», come racconta il collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso, con il boss Luigi Mancuso.
«Io non conosco personalmente Luigi Mancuso, nonostante sia mio compaesano», dice subito Pasqua il quale spiega che, subito dopo il diploma ha lasciato Nicotera per andare all’università e, dopo sei anni di studi, è stato assunto all’Asp di Vibo come assistente incaricato.
«Bene, in tutti questi anni non ho mai sentito parlare di lui – dice riferendosi a Luigi Mancuso –, perché all’epoca non era uno conosciuto come è conosciuto oggi, né ho mai avuto rapporti né diretti e né indiretti, né con lui e né con i suoi affiliati. Pertanto, nego decisamente con serenità e fermezza ogni tipo di rapporto con Mancuso, e anche con chi porta quel nome». Pasqua afferma di non conoscere nemmeno Emanuele Mancuso e Bartolomeo Arena, i due collaboratori che hanno parlato di lui.
Arena parla delle «mazzette» che Pasqua avrebbe preso per rilasciare l’autorizzazione all’apertura di nuovi esercizi commerciali e lo descrive come soggetto che era «molto legato a Pantaleone Mancuso “Vetrinetta”» ed era supportato «da tutti i Mancuso in occasione delle consultazioni elettorali in cui si è candidato».
Ma Pasqua risponde alle accuse definendole «dicerie» o, meglio, «invenzioni di due collaboratori di giustizia, che sarebbero tale Bartolomeo Arena e l'altro tale Mancuso Emanuele… Bene. Io non conosco né l’uno e né l'altro. Non li ho mai incontrati, non so chi sono, non so dove vivono e non conosco null’altro».
E sulle mazzette ribatte che «non c'è evidenza». «Quando le avrei prese? A chi li avrei chiesti questi soldi? Non abbiamo evidenza alcuna. Quindi, ritenuto che io non conosco né l'uno e né l’altro, e ritenuto che non so dove siano, vedo questa contestazione, a mio parere, che è impropria e inesistente».
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I dissapori con Talarico
Per quanto riguarda, poi, le gravi minacce che avrebbe rivolto all’ex politico Francesco Talarico, già direttore dell’Asp di Vibo, e a Francesco Massara (ex medico dirigente dell’Asp di Vibo anche lui imputato con l’accusa di tentata violenza privata), Pasqua ripercorre i dissidi che dal lontano 2007 lo dividono da Talarico, ovvero che avrebbe «utilizzato impropriamente una sala operatoria, dove è morta una adolescente di 15 anni, per una semplice appendice».
Il caso è quello della giovane Federica Monteleone per il quale l’ex dg è stato condannato. All’epoca dei fatti, Pasqua racconta di essere stato chiamato dal maresciallo della Stazione di Vibo «e c’era insieme a lui un magistrato, che non ricordo come si chiama; mi interrogano e mi chiedono espressamente: “Che ti ha detto il dottore Talarico di fronte all’Asp?”, ma loro già sapevano tutto, perché evidentemente c'era un'intercettazione. Io ho chiesto una pausa di 10 minuti per ricordare meglio quello che mi aveva detto, e ho deposto contro lui, ma per amor di verità e di giustizia».
Il medico racconta che Talarico gli avrebbe chiesto di non dire la verità su quello che era accaduto alla ragazza e per questa ragione è stato condannato anche per tentata concussione.
Come abbiamo già avuto modo di raccontare, da quando aveva subito le accuse di Pasqua, Talarico aveva preso l’abitudine di registrare ogni conversazione che riguardasse l’ex capo dipartimento di Prevenzione.
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I dissapori con Piraino
Ve n’è una, in particolare, che coinvolge un ignaro Giorgio Piraino, dirigente veterinario del dipartimento Agricoltura della Regione Calabria. Questi dice che Pasqua fosse «legato a persone poco raccomandabili» e che il figlio del dirigente stava ricevendo aiuti per la campagna elettorale.
Ma secondo Pasqua anche Piraino aveva «forse giustificati motivi di risentimento, perché secondo lui, io bacchettavo il fratello; ma non ero io che lo bacchettavo, era la task force veterinaria del Commissario alla Sanità, che veniva a verificare la bontà del suo lavoro, e mi faceva continuamente notare che lavorava male. Per cui io non ritenevo di averlo bacchettato, ma lo stimolavo a fare meglio il suo lavoro, a stare più attento, a farsi aiutare. E lui mi telefonò un giorno, dicendomi: “Guardi, se non la smette con mio fratello, di dargli consigli, io te la farò pagare cara ed amara”. Però apparentemente i rapporti si limitavano a un cordiale saluto, apparentemente. Ma da quello che ho letto mi rendo conto che anche il Piraino, per come il Talarico, avevano gravi motivi di risentimento nei miei confronti».
La «farsa» dell’accordo per i 500 voti
Per quanto riguarda l’accusa di scambio elettorale politico-mafioso – in concorso con Gregorio Coscarella, partecipe della cosca di San Gregorio D’Ippona, e l’imprenditore Clemente Mazzeo e Domenico Colloca, socio occulto della “Arte del Catering” e appartenente al locale di Mileto – Pasqua parla di «farsa».
Racconta di avere conosciuto Coscarella «quale dipendente della Dussmann, che era persona educata; il quale tutte le volte che andavo in ospedale, lui era gentilissimo, sempre buongiorno e buonasera». E finiva lì, a detta di Pasqua. Per quanto riguarda Colloca, l’ex dg racconta di averlo trattato con irritazione la prima volta che lo ha incontrato perché lo conosceva come commerciante di mattonelle mentre questi gli parlava del fatto che gli erano state affidate «le mense degli ospedali».
«Anche perché la mensa io l'avevo chiusa quattro - cinque mesi prima, e mi sono un po' seccato». Mensa chiusa in seguito a ispezione dei Nas e non per favorire la cosca Fiarè e Mancuso, specifica Pasqua.
Di Colloca Pasqua si era informato, dice, perché aveva notato che aveva stretti rapporti col politico Vito Pitaro.
Qualche tempo dopo cesare Pasqua si reca nel negozio di Mazzeo e questi mette buone parole per Colloca dicendo che «è titolare del mio centro cottura della provincia. E vi assicuro che ha l'Iso 9000, e le assicuro che l’Iso 9000 in Calabria non c'è l'aveva nessuno».
Pasqua aggiunge che lui sta per andare in pensione e non può fare nulla per Colloca.
Mazzeo insiste: «Fatelo per me, senza dire che siete in pensione».
Pasqua racconta di avere accettato di fornire la sua consulenza, la sua esperienza. I tre si incontrano nel negozio di Mazzeo, in orario di apertura, e Colloca «incomincia a parlarmi della sua forza elettorale», racconta Pasqua che alla fine gli chiede: «Tu quanto pesi?».
«Lo sfidai a pesarsi, per finirla, no? “Pesati”, e lui mi dice: “500 voti, 1500, non rileva”. “Va beh - dico - allora sei con noi. Chiudiamo questo accordo e finiamola qui”, per fare contento il Mazzeo. Il quale era consapevole, per come era consapevole pure questo Colloca della farsa, perché io prendevo in giro lui e lui prendeva in giro me. E le dico subito perché? Perché da un'intercettazione ho modo di dimostrare che il 4 novembre del 2018, lui parla con tale Mangone; il quale Mangone gli dice: “Guarda, non c'è più perché è andato in pensione”». Ma le elezioni di cui si parlava, dice Pasqua, non erano quelle «avvenute due anni dopo» per le regionali alle quali si era candidato il figlio, ma le amministrative per il Comune di Mileto».
Un lunghissimo interrogatorio quello di Pasqua, una narrazione che però non ha fatto breccia. L’ultima disposizione in materia cautelare è quella del Riesame che il 10 ottobre scorso ha rigettato il ricorso per una misura cautelare meno afflittiva.