Proprietario e titolare di bar, ristoranti e alberghi nel centro città, monopolista dell'intrattenimento nelle notti estive cittadine, Carmelo Crucitti è finito al centro delle frizioni di Libri e De Stefano. Perchè Carmine De Stefano lo considera «una cosa sua personale», ma lui è sempre stato attento a non scontentare nessuno dei quattro padroni criminali di Reggio
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«Ci sono imprenditori che considerano la ‘ndrangheta solo una tassa in più, un costo in più». Parola del procuratore capo Giovanni Bombardieri. E nelle carte dell’inchiesta Malefix, che in carcere ha fatto finire capi storici e nuovi boss dell’élite della ‘ndrangheta reggina, sono tanti gli imprenditori corsi ad accucciarsi ai piedi dei clan. A partire da Carmelo Crucitti, titolare del Bar’t, dell’hotel Lungomare, negli anni re della movida estiva e pressoché monopolista di lidi e chioschi, finito al centro delle frizioni fra Carmine De Stefano e Totò Libri. E non certo per non pervenute ansie di ribellione.
Il regalo della discordia
Nodo del contendere, il “regalo di Natale” con cui il noto imprenditore della ristorazione - che si sappia al momento non indagato - ha graziosamente omaggiato i clan. E che Carmine De Stefano ha interamente trattenuto. Perché per lui, Crucitti è «una cosa sua personale» hanno riferito all’assai innervosito reggente dei Libri gli ambasciatori del clan De Stefano, a cui aveva chiesto conto dell’ingordigia del figlio di don Paolino. Quei soldi – sosteneva – come sempre andavano divisi fra le quattro famiglie storiche, che fin dalla fine della seconda guerra di ‘ndrangheta hanno concordato un nuovo metodo di spartizione delle estorsioni su territori condivisi, come il centro cittadino. Regole di cui i Libri fin da allora sono i custodi e che nel 2008, dopo una nuova stagione di frizioni – hanno attestato giudizio dopo giudizio le sentenze Meta - erano state nuovamente confermate.
Le confidenze e gli omaggi di Crucitti
Ad informare Libri di quanto avvenuto era stato lo stesso imprenditore, presentatosi personalmente per omaggi e auguri. «A Natale – racconta intercettato- è venuto Carmelo Crucitti, oltre alle varie persone, è venuto Carmelo e mi ha detto vedi che ti ho mandato un pensiero con il tizio, non con Mico..». Pensiero – in contanti – mai arrivato a destinazione, spiega il reggente dello storico clan. Motivo, dice Libri per averlo saputo da Crucitti «quest'anno gli ha detto Giorgino che se la vede per tutti lui, aspetta, quindi non è una cosa personale sua, è una cosa personale tua lui ti può dire me la vedo per tutte e quattro famiglie».
Regalo riparatorio
A stretto giro l’imprenditore si sarebbe affrettato a rimediare. «Ha preso – racconta intercettato Totò Libri - e lui stesso è venuto un'altra volta e mi ha detto Carmelo: "toh, visto che non ti è arrivato niente”». Ma di quel regalo natalizio riparatorio, Libri non ne avrebbe voluto sapere. «Carmelo – racconta di aver detto - non lo voglio perché tu lo hai fatto non è mancato da te è mancato da altri».
Quattro buste per quattro famiglie
«Gli altri» sarebbero gli arcoti, anzi nello specifico Carmine De Stefano, che per sé avrebbe preteso l’intero omaggio natalizio – 10mila euro, sembra di capire – gentilmente offerto dal proprietario del Bar’t. Una pretesa del tutto nuova. «Perché l'anno scorso Carmelo a Natale, c'era Mico davanti, ha fatto quattro buste, mille, mille, mille e mille». Una per ogni grande famiglia di ‘ndrangheta. I padroni del centro cittadino che su un’equa spartizione hanno fondato anni di pax mafiosa.
Nuovi incontri per vecchie regole
Che Carmine De Stefano pretenda di cambiare le regole a Libri non va giù. Per questo ne parla con Donatello Canzonieri e Antonio Polimeni, che sono arcoti certo, ma gravitano più nell’area Tegano e poi con il clan di Cannavò hanno sempre avuto buoni rapporti. È a loro che Libri sottolinea più e più volte la necessità di un incontro per ridiscutere le regole di spartizione. O meglio riportare tutto allo status quo, rimasto immutabile fino a quando Carmine De Stefano non ha ricominciato a sgomitare e tra gli arcoti – complici arresti e processi – gerarchie e assetti interni sono diventati più fluidi e confusi.
«Altrimenti dentro casa mia ci siamo solo noi»
Ma l’accordo è necessario, sottolinea Libri. E lui deve essere parte in causa perché «quando voglio qualche cosa, io vado busso e me la prendo, perché mi tocca...Sono cinquanta anni che siamo ...(inc.)... come a loro, a tutti ah». Assetti definiti nel corso della seconda guerra di ‘ndrangheta, che hanno regalato ai patriarchi dei Libri il ruolo di “custodi delle regole”. E che oggi il discendente rivendica. In alternativa, rivendica «ne vuoi più? quindi basta fatevi i vostri cazzi che io mi faccio i miei. Quando venite a casa mia mi dovete dare conto ...(inc.)...Sbaglio?...E qua, e qua vedi che dentro casa mia ...(inc.)..., da qua in poi ci siamo solo noi».
L’hotel Lungomare “scannatoio” dei Tegano
Crucitti non è l’unico problema, nel corso delle sue lamentazioni Libri ne elenca diversi. Ma, complice forse il giro d’affari del re dei locali della movida reggina, sembra essere quello che più lo infastidisce. E quello a cui punta. Se è vero che è cosa di Carmine De Stefano, dice, non li tutelano. Anzi, lasciano fare a soggetti come i Teganini che pretendono stanze in hotel, che lasciano distrutte e con il conto da saldare. «Lo sai che chiude... ah , questo ti volevo dire martedì chiude l'hotel Carmelo, ieri glielo, ieri dopo che se sono andati qualche dieci arcoti ...(inc.)...spazzatura, martedì chiude l'albergo...e ha detto quando vengono e mi dicono vado e li denuncio a tutti» racconta, intercettato, in una delle sue invettive Totò Libri. Ovviamente non risulta denuncia alcuna e la movida reggina racconta Teganini e soci sempre con un tavolo riservato nei locali di Crucitti. Eppure anche il suo confessore di Cannavò aveva fatto spallucce di fronte alla minaccia. «Gli ho detto io Carmelo chi ti può dire niente?» dice Libri intercettato.
Pestaggio su commissione
Magnanimità e solidarietà che il reggente di Cannavò poco dopo potrebbe aver dimenticato. Per i magistrati, potrebbe essere stato lui il vero mandante del pestaggio subito da Crucitti nell’agosto scorso da Carmelo Crucitti al Bahianaca club, il locale aperto sotto i portici del Lido comunale. L’esecuzione è stata affidata ad un gruppo di ragazzi rom agli ordini – emerge dalle indagini – di Cosimo Bevilacqua, detto il "Pappagallo", «esponente della comunità rom, da sempre vicino alla locale criminalità organizzata e legato, in particolare, alla cosca Libri di Cannavò.
Messaggi per Carmine
Un messaggio – si ipotizza ad Archi e dintorni – inviato a Carmine De Stefano. Secondo una delle ipotesi, i Libri avrebbero approfittato delle tensioni provocate dalle velleità di autonomia e dalle mire su Gallico di Gino Molinetti per incrinare ulteriormente il prestigio criminale dei De Stefano. E su questo hanno ragionato tanto Carmine e il fratellastro Giorgino, chiamato a lasciare il mondo dorato della Milano da bere per occuparsi delle frizioni casalinghe.
«Una cosa per far fare brutta figura a mio fratello»
Di quanto successo a Crucitti, il figlio minore di don Paolino ne parla anche con Alfonso Molinetti, lo stratega di famiglia, che non ha mai fatto lo schizzinoso al momento di sparare, dall’incrollabile fedeltà ai De Stefano. È a lui che Giorgino si rivolge perché riporti nei ranghi l’irrequieto fratello. Anche perché le sue “mancanze” stanno generando confusione. E il pestaggio di Crucitti è uno degli elementi del quadro. «A Melo Crucitti... sono arrivati... questo qua... "il Pappagallo"... voi non lo conoscete neanche... (...) Perché, è stata fatta una cosa... per far fare brutta figura a mio fratello... va... a noi... cioè, sono arrivati gli zingari e gli hanno alzato le mani a questo nel locale suo... non è mai successo nella storia di Reggio Calabria una cosa del genere... e adesso... ora... stiamo... sto vedendo un attimo di capire com'è questo discorso... perché... ha detto Carmine vedi un attimo, se riusciamo a venirne a capo... perché, non è una cosa bella va».
Segnali d’allarme
Per il più giovane degli eredi di Don Paolino la questione è delicata. Un attacco a Crucitti è un modo per mettere in ombra il nome dei De Stefano, a conferma del rapporto ombelicale fra gli arcoti e l’imprenditore. «È che uno dice, questi non si permettevano mai, se non c'era qualcuno dietro... no», dice. Dubita, se non esclude che possa essere un’iniziativa autonoma. È certo che faccia parte di un piano, ma la sua paura sembra essere l’ampiezza di una potenziale fronda perché «C'era il figlio di Pasquale (Tegano ndr) là davanti... e l'hanno cacciato».
Soap opera criminale
Tragedie nelle tragedie, doppi e tripli giochi, in uno scenario fluido e caotico che ad inquirenti e investigatori ha fatto temere una guerra imminente. Per questo hanno deciso di chiudere in fretta un’indagine che lascia intravedere più di una pista da esplorare. Ma che ad oggi non può certo contare sulle dichiarazioni o le conoscenze di imprenditori che sono finiti in mezzo alla telenovela cruenta e criminale della ‘ndrangheta reggina. Su numi tutelari e aggressori, Crucitti non ha proferito mai mezza parola.