C’è una lady ‘ndrangheta tra gli arrestati nell’operazione di questa mattina nel Milanese. Secondo gli inquirenti sarebbe Caterina Giancotti, finita in carcere nell’inchiesta Bandiera. Per lei, scrivono gli investigatori nell’ordinanza di custodia cautelare, i due clan che si contendevano il traffico di droga a Rho sarebbero arrivati a un passo da una faida.  

I magistrati della Dda di Milano la accusano di essere uno degli organizzatori della cosca Bandiera, braccio destro del suo compagno Cristian Leonardo Bandiera, che sostituisce quando l’uomo finisce in prigione. Secondo l’accusa la Giancotti avrebbe coadiuvato il suo compagno «nella direzione dell’organizzazione mafiosa e, in sua assenza, con compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni da compiere e delle strategie da adottare, in particolare, con le seguenti condotte; in assenza di Cristian Leonardo Bandiera o su sua disposizione, coordinava e impartiva disposizioni ai sottoposti», svolgendo «mansioni operative in relazione alle azioni estorsive ed intimidatorie». Per la polizia avrebbe anche pianificato, organizzato e gestito «direttamente il traffico di sostanza stupefacente, coadiuvando Bandiera in tutte le fasi di contrattazione, acquisizione e successiva cessione, nonché il recupero crediti tramite intimidazioni ed estorsioni».

La donna, infine, avrebbe partecipato «alla spartizione dei proventi delle attività illecite e contribuiva al sostentamento degli associati detenuti; usufruito del sostegno economico da parte dell’organizzazione mafiosa sia prima che successivamente al suo arresto, in flagranza di reato, perché trovata in possesso di 200 grammi di sostanza stupefacente del tipo cocaina».

E proprio in occasione del suo arresto per quei 200 grammi di cocaina che, secondo gli investigatori, i Bandiera sarebbero stati sul punto da dichiarare guerra a un’altra famiglia, i Curinga.

«L’attività investigativa ha permesso di acquisire, - scrivono gli inquirenti - una molteplicità di elementi probatori relativi alla sistematica e quotidiana violazione della normativa che disciplina gli stupefacenti poste in essere dal gruppo Bandiera, promossa e diretta da Cristian Leonardo Bandiera, essendo questa la principale attività illecita esercitata sistematicamente dagli indagati al fine di percepire quotidianamente il sostentamento economico necessario al sodalizio criminale investigato. Di notevole interesse, in questo contesto, sono risultate essere le dinamiche criminali scaturite a seguito dell’ultimo approvvigionamento di sostanza stupefacente del tipo cocaina (200 grammi) consegnati al gruppo Bandiera dal sodalizio facente capo alla famiglia Curinga», tramite la Giancotti.

Il 2 marzo 2021 Caterina Giancotti, infatti, dopo aver ritirato da Francesca Curinga 200 grammi di cocaina dietro il pagamento di 5000 euro (metà del corrispettivo dovuto per la sostanza ritirata), era stata arrestata in flagranza di reato

«Successivamente all’arresto della Giancotti – si legge ancora nell’ordinanza - a cui è stata applicata nell’immediatezza la misura degli arresti domiciliari, scaturiva una vera e propria “controversia”, sfociata in gravi minacce verbali; una sorta di preludio (per come asserito dagli indagati e in particolare da Gaetano Bandiera) di una faida tra la famiglia Bandiera e la famiglia Curinga, elemento quest’ultimo ricavato principalmente dai comportamenti di Gaetano Bandiera…il quale ha più volte contattato telefonicamente Domenico Curinga, rappresentante dalla famiglia Curinga, minacciando di far “scoppiare una faida” sulla “questione Giancotti”, anche in relazione alla evidente mancanza di rispetto posta in essere da Francesca Curinga, rispetto preteso da Gaetano Bandiera per la sua posizione verticistica in seno alla locale di ‘ndrangheta di Rho».

La famiglia Bandiera, per gli investigatori, sospettava un tradimento da parte di Francesca Curinga pretendendo «la restituzione dei 5000 euro versati o quanto meno della metà della suddetta somma, al fine di provvedere alle spese legali e al sostentamento della Giancotti. La circostanza è significativa della prova della sussistenza dell’associazione mafiosa, laddove gli affiliati hanno il “dovere” di sostenere economicamente i carcerati del clan. A partire dal giorno dell’arresto della Giancotti si sono susseguiti alcuni incontri tra Cristian Leonardo Bandiera (o tramite delegati del sodalizio Bandiera ovvero Antonio Sansotta e Antonio Procopio cl. 72) e Francesca Curinga, finalizzati a tentare di trovare un accordo in merito al “contenzioso economico” scaturito dalla perdita della sostanza stupefacente sequestrata alla Giancotti e alle relative spese legali e di mantenimento dell’arrestata».

Nello stesso tempo, gli investigatori avrebbero captato lunghe conversazioni telefoniche tra Gaetano Bandiera e Domenico Curinga, «dai chiari toni/termini ‘ndranghetisti – si legge nelle carte - nelle quali Gaetano Bandiera è arrivato a minacciare una “faida” tra famiglie per la risoluzione della controversia.  Dalla disamina delle numerose intercettazioni telefoniche e ambientali captate in occasione della vicenda in argomento, è emersa chiaramente la comune appartenenza delle famiglie Bandiera e Curinga alla consorteria criminale di matrice calabrese denominata ‘ndrangheta».

Il giorno dopo dell’arresto della sua compagna, Cristian Leonardo Bandiera avrebbe iniziato a sospettare «della genuinità della Curinga “...anche che non c'entra lei...magari che però il mio dubbio gliela faccio pagare a lei...faccio fare una raffica nelle gambe che se la ricorda per tutta la vita...sulla sedia a rotelle la faccio camminare..(..).. e la seconda mi ha inculato! me lo sentivo io che mi stava inculando».

Per evitare che la situazione degenerasse, decisero di scendere in campo i due capi famiglia, Gaetano Bandiera e Domenico Curinga. Gli investigatori arrivano a capire tutto intercettando i due anziani.

Gaetano Bandiera: «Lasciamo stare a mio figlio... vediamo se possiamo mettere sta cosa a posto..

…omissis…

Gaetano Bandiera: «E si chiuderà…perché la nostra amicizia non si può rompere…».

…omissis…