I testimoni riferiscono il ruolo dei pakistani: «Facevano video su Tik tok ma erano viaggiatori come noi, facevano da mediatori». Nel corso dell’incidente probatorio, il 21enne accusato di essere uno dei responsabili dell’incidente ha scelto la via del silenzio
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Si è avvalso della facoltà di non rispondere, confermando però di essere nato nel 2001, Hafab Hussnain, il giovane pakistano accusato di essere uno degli scafisti del caicco naufragato il 26 febbraio scorso davanti alla spiaggia di Steccato di Cutro. Il pakistano, che in un primo momento si era dichiarato minorenne e per questo era stato ascoltato dal competente Tribunale dei minori di Catanzaro, è comparso oggi davanti al giudice delle indagini preliminari di Crotone che sta celebrando l'incidente probatorio nei confronti dei quattro presunti scafisti di Cutro: due turchi, Gun Ufuk, di 28 anni (collegato dal carcere di Tolmezzo) e Sami Fuat di 50 anni, e due pakistani Khalid Arslan di 25 anni ed appunto Hafab Hussnain di 21 anni, che sono indagati di omicidio colposo, disastro colposo e favoreggiamento all'immigrazione clandestina.
La quarta udienza dell'incidente probatorio ha ribadito quanto emerso in quelle precedenti. Sono stati ascoltati tre sopravvissuti al naufragio di nazionalità pakistana. L'attenzione del pm, Pasquale Festa, si è appuntata soprattutto sulla posizione dei due imputati pakistani considerato che, per i presunti scafisti turchi, le testimonianze hanno confermato il loro ruolo a bordo del caicco.
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Il ruolo dei pakistani
Anche in questa quarta udienza è emerso che i due pakistani facevano da mediatori con i turchi. In particolare, rispondendo ad una sollecitazione del pubblico ministero, il primo testimone, Sanaullah Abu Bakar, ha risposto riguardo a Arslan: «Era come noi viaggiatori, non aveva un ruolo»; mentre l'altro testimone, Ali Sharooze, ha aggiunto che i due pakistani «erano stati scelti dai capitani turchi per tradurre dalla loro lingua alla nostra: li hanno fatti salire sopra e gli hanno detto 'ora collaborate con noi'. A loro dicevamo di chiedere permesso ai capitani per salire, loro ci portavano biscotti. Ci aiutavano».
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Il terzo testimone, Navaz Haq, ha ribadito: «I pakistani facevano video per tik tok, ma erano viaggiatori come noi». Due testimoni hanno raccontato anche di un primo tentativo di partenza verso l'Italia fallito giorno 16 febbraio e della partenza avvenuta poi il 21 febbraio da Izmir: «Siamo partiti con tre auto piene di migranti, ma una è stata fermata e quando siamo arrivati a Izmir ci hanno detto che eravamo troppo pochi per partire e che la barca non sarebbe arrivata così ci hanno rimandato indietro».
Dai racconti dei tre sopravvissuti è emerso che i viaggiatori non sono stati fatti salire in coperta finché non sono arrivati nelle acque internazionali. «Ci dicevano che se ci vedevano in Turchia sovraccoperta ci avrebbero fatto tornare indietro ed io dopo aver lavorato due anni per fare il viaggio non volevo tornare indietro», ha detto Sharooze. Il terzo testimone, ha confermato che gli scafisti volevano far sbarcare i migranti e riportare la barca in Turchia «per questo avevano rallentato sia per le condizioni del mare ma anche perché volevano arrivare di notte per non essere intercettati da forze ordine». L'incidente probatorio proseguirà il 12 e 15 giugno prossimi.