Domenico Papalia, figlio dello storico boss della 'ndrangheta in Lombardia Antonio, è stato arrestato, con ordinanza di custodia cautelare in carcere, in un'inchiesta dei pm di Milano Sara Ombra e Leonardo Lesti con al centro l'accusa di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, in particolare cocaina. Indagine condotta dal Gico del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf milanese.

In particolare, come anticipato on line dal Corriere della Sera e dal Fatto Quotidiano e confermato da fonti qualificate, nei giorni scorsi sono state eseguite dalla Gdf cinque misure cautelari, tra cui quella a carico di Domenico Papalia, 41 anni e già coinvolto in altre indagini in passato. Il nome di Domenico Papalia, tra l'altro, compare (ma non da indagato) nelle carte dell'inchiesta milanese sulle curve di San Siro, che ha portato più di due settimane fa a 19 arresti.

Nelle carte, infatti, viene segnalato che il capo ultrà milanista Luca Lucci, finito in carcere, sarebbe "vicino" a Rosario Calabria, a sua volta legato a Domenico Papalia, "figlio di Antonio", detenuto all'ergastolo e «appartenente all'omonima famiglia di 'ndrangheta orbitante nell'area Milanese (Corsico/Buccinasco)».

Nell'inchiesta su traffici di droga dal Nord Europa sono state rigettate alcune richieste di misura cautelare dalla gip Anna Calabi, che allo stesso tempo ha fissato per altri indagati per l'ipotesi di spaccio gli interrogatori preventivi - prima della decisione sulle misure - previsti dalla recente riforma.

La 'ndrangheta ha il monopolio della cocaina in Lombardia

Papalia è stato arrestato giovedì 8 ottobre Il suo nome compare nella lista di 55 indagati dell’ordinanza del gip di Milano che individua quattro associazioni, due per droga e due finalizzate alla consumazione di reati fiscali. Tra gli indagati – secondo il Fatto Quotidiano – anche un ex politico calabrese, già consigliere provinciale a Reggio Calabria

Il rampollo del clan di Platì sarebbe il vertice di una organizzazione in grado di avere il monopolio della cocaina in Lombardia. Le indagini evidenziano che una delle auto con targa tedesca a disposizione di Papalia sarebbe stata utilizzata anche da uno dei factotum di Lucci, un membro di spicco della curva milanista. 

Al fianco di Domenico Papalia, secondo l’accusa, ci sarebbe il calabrese Giuseppe Marando. Subito sotto, nella piramide del narcotraffico, due acquirenti di peso come Antonio Caruso e Giancarlo Tasca, detto il professore. Un altro livello aveva invece il controllo delle piazze di spaccio nei quartieri milanesi di Baggio e San Siro. Anche la seconda organizzazione scoperta dai finanzieri sarebbe controllata da calabresi: per loro, però, il gip non ha ritenuto sussistenti le esigenze cautelari e per otto indagati sono stati disposti interrogatori preventivi secondo quanto stabilisce la nuova legge Nordio.

Il traffico di droga a Milano «stile Gomorra»

Filo conduttore dell’indagine partita dal sequestro di un etto di cocaina sono i messaggi criptati sulla piattaforma Sky Ecc. Uno degli indagati rappresenta la gestione militare dell’associazione: «E ma Rozzano è una piazza buona compa’, ma anche Baggio, via Fleming, Cinisello, piazza seria (…). Serve stile Gomorra».  Per il gip Papalia è il «promotore ed organizzatore del gruppo criminale» e «vanta stretti e qualificati collegamenti con altri sodalizi criminali dislocati in territorio nazionale e sovranazionale e spesso dal Sud Italia si reca in Lombardia per portare il denaro o torna in Calabria dopo i rifornimenti che vengono materialmente effettuati da terzi soggetti».

Gli indagati: «A Milano c'è una richiesta della madonna»

Il 41enne avrebbe partecipato anche «a un incontro con i vertici del sodalizio importatore dello stupefacente per trattare l’arrivo in Lombardia di 125 chili di cocaina dal Belgio» e sarebbe stato in contatto anche con il cartello dei narcotrafficanti riconducibile al broker calabrese Bartolo Bruzzaniti, condannato proprio oggi assieme al boss dei van Gogh Raffaele Imperiale. Nelle chat criptate Papalia riferisce di contatti «col capoccia che è in Belgio» e sembra trattare grosse partite di coca e muovere enormi quantità di denaro. Investimenti nell’ordine di centinaia di migliaia di euro motivati dal fatto che a Milano, spiega Marando, «c’è una richiesta della madonna». E il rampollo della ’ndrangheta, con la sua rete, ambisce a gestirla in regime di monopolio.