«Se fosse stato vostro nonno, avreste parlato meno! Siete solo falsi moralisti, tutto qui!». «Dovete capire che la realtà non è quello che scrivono i giornali».


Sono alcuni commenti – pochi per fortuna – apparsi sulla pagina facebook di un noto giornale on line di Reggio Calabria, a corredo della notizia della morte del boss Pasquale Libri, deceduto il 30 agosto scorso. Commenti che difendono a spada tratta uno dei massimi esponenti della ‘ndrangheta, da chi, invece, dice a chiare lettere di non essere dispiaciuto per il decesso del boss e si augura che quel riposo non sia poi così pacifico.


È un botta e risposta che, al di là dei termini, la dice lunghissima su quale sia la mentalità che regni in una piccola porzione della città dello Stretto. Ma che impressiona comunque.


Tutto parte da un classico “rip” (riposa in pace) postato da un lettore, a cui risponde un’altra utente che stizzita replica: «Rip?!! Spero proprio di no, con tutti i crimini che ha sulla coscienza». È qui che un giovane ribatte: «Se fosse stato vostro nonno, avreste parlato meno! Siete solo falsi moralisti, tutto qui!». Un altro dà man forte: «È vero». Per fortuna c’è anche chi la pensa in modo diverso e non ha timore a dirlo. È un commento in dialetto reggino, che traduciamo per comodità: «Mio nonno portava casse di arance e si spaccava la schiena dalla mattina alla sera, non ammazzava persone e non rompeva le scatole per il pizzo. Andate a coricarvi». Da qui è un continuo scambio di battute fra chi difende Libri e chi lo attacca: con una chicca finale: «Quest’uomo non era detenuto, come fare a giudicare una persona senza conoscerla». E una ragazza che aggiunge: «Solo un grande mha… questo uomo era un padre, uno zio, un nonno, il dolore c’è… evitate per favore!».


Ricordiamo che Pasquale Libri risulta essere stato fra gli elementi di spicco dell’omonimo casato mafioso reggino. Fu lui, secondo quanto risulta dagli atti giudiziari, a prendere il posto del fratello Domenico, alias “don Mico”, storico capo della ‘ndrina di Cannavò, dopo la sua morte. E non parliamo certo di una cosca qualunque, ma di una di quelle che ha scritto pagine di storia criminale della città di Reggio Calabria, dagli anni ’70, sino ai giorni nostri. Non si dimentichi, infatti, che proprio i Libri furono attivissimi nell’introdursi nei gangli delle nuove società miste del Comune di Reggio, all’inizio degli anni 2000. Dunque, non solo coppola e fucile, ma anche capacità di fare business.


Ora questa sequenza di commenti che fa comprendere come, considerato certamente il dolore che alberga fra i parenti per la perdita di una persona a loro cara, ci sia però ancora tantissimo da lavorare, soprattutto sulle nuove generazioni e sul loro modo di vedere questi soggetti che la storia giudiziaria ha consacrato inequivocabilmente come boss di primo livello della ‘ndrangheta.