Secondo gli inquirenti non ci sarebbero dubbi sull'ipotesi di suicidio, ma il sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro Fabiana Rapino per non lasciare nulla al caso e nulla di intentato ha aperto un'inchiesta sulla morte del giudice Giancarlo Giusti l'ex gip del Tribunale di Palmi, 48 anni,   che si è impiccato ieri nella sua abitazione di Montepaone, dove aveva l'obbligo di dimora in  seguito ad una condanna ricevuta per corruzione aggravata. La procura nelle prossime ore ha intenzione di disporre l'autopsia e di sentire i familiari della vittima. Giusti aveva provato ad uccidersi nel settembre del 2012 nel carcere di Opera. Il primo tentativo di suicidio si verificò il giorno dopo la condanna a quattro anni di reclusione inflittagli dal Tribunale di Milano per i suoi presunti rapporti con la cosca Valle-Lampada, attiva nel capoluogo lombardo. Soccorso dalla polizia penitenziaria, l'uomo era stato ricoverato in ospedale con prognosi riservata e aveva ottenuto successivamente, a causa della sue precarie condizioni psicologiche, gli arresti domiciliari nella sua abitazione in provincia di Catanzaro. Alcuni mesi fa a Montepaone, dove aveva una casa di famiglia cercò di nuovo di farla finita, non ci riuscì perché alcuni familiari riuscirono a dissuaderlo, poi l'epilogo il suicidio questa volta tentato e consumato. Un gesto estremo  secondo il suo avvocato Giuseppe Femia per dimostrare la sua innocenza. 

 

La storia di Giusti - L’ex giudice del tribunale di Palmi, Giancarlo Giusti ha deciso di farla finita. Il suo corpo senza vita è stato ritrovato nella sua villetta di Montepaone dal cognato che si era recato a fargli visita dopo che era rimasto solo da quando si era separato dalla moglie. Giusti si sarebbe impiccato con un cavo d'acciaio appeso a una finestra. L’ex Gip aveva già tentato il suicidio il 28 settembre del 2012 nel carcere milanese di Opera in cui era detenuto a seguito dell'inchiesta della Dda di Milano. Giusti era stato arrestato, la prima volta, il 28 marzo 2012, per corruzione aggravata dalle finalità mafiose in seguito ad una indagine della Dda di Milano sulla cosca dei Valle-Lampada. È stato lo stesso Giusti a fornire agli inquirenti le prove della sua “amicizia” con il boss Giulio Lampada. L’ex giudice ha documentato, infatti, in un diario multimediale tutti i regali del boss ed in particolare, secondo l’accusa, il boss Giulio Lampada avrebbe appagato quella che gli inquirenti definiscono una vera e propria “ossessione per il sesso”. Sarà l’amante di Lampada a confermare il tutto: “So che quanto Giusti Giancarlo veniva a Milano, alloggiando all'hotel Brun, Giulio si occupava delle spese del soggiorno, comprensive di cene e della compagnia di ragazze che Giusti portava in camera sua. So che per il loro "disturbo", Giulio dava loro 500 euro”.

 

“Il diario giornaliero del magistrato – scriveva la Dda di Milano - esprime una personalità alla affannosa ricerca di affari, soldi, sesso e vantaggi personali da trarre strumentalmente da ogni rapporto interpersonale”.

 

Giusti fu arrestato, per la seconda volta nel 2014, a seguito di una operazione contro il clan Bellocco di Rosarno, perché accusato di corruzione in atti giudiziari per aver, secondo l'accusa, favorito la scarcerazione di alcuni esponenti del clan. In particolare l’ex giudice era stato incriminato per la sentenza che nell'agosto del 2009 aveva rimesso in libertà Domenico Bellocco, Rocco Bellocco e Rocco Gallo.