I giudici ricostruiscono i rapporti tra il militare in forza ai servizi segreti e l’ex parlamentare. L’incontro «casuale» tra i due in un bar di Girifalco il 12 dicembre 2019, stesso giorno in cui il legale scrive un appunto in cui “riassume” i contenuti della maxi inchiesta
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Il 19 dicembre 2019, quando è scattata l’operazione Rinascita Scott ed è stato tratto in arresto l’avvocato Giancarlo Pittelli, è stata eseguita una perquisizione all’interno del suo studio dove è stato trovato un foglio manoscritto con diversi appunti. Si trattava, scrivono i giudici del collegio del Tribunale di Vibo Valentia che lo scorso 20 novembre ha condannato l’ex parlamentare a 11 anni di reclusione, di «tutti i temi contenuti nella richiesta di misura cautelare e nell’ordinanza emessa dal gip presso il Tribunale di Catanzaro», cioè tutti gli argomenti che riguardavano l’imputato nel documento che ne ordinava l’arresto. Tutto ciò «induceva a pensare che Pittelli fosse a conoscenza non solo della circostanza che sarebbe stata eseguita una misura cautelare nei suoi confronti (come dallo stesso sostenuto nel corso delle dichiarazioni spontanee), ma anche degli argomenti e dei temi della motivazione dell’ordinanza».
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Ma come faceva Pittelli a sapere che su di lui la Dda di Catanzaro stava indagando e a conoscere le contestazioni che gli sarebbero state mosse?
La sentenza di primo grado risponde a questo interrogativo tornando indietro nel tempo, al 12 maggio 2019 quando «Pittelli incontrava in un bar di Girifalco il suo amico Michele Marinaro, che in quel periodo lavorava ai servizi segreti». Anche Marinaro è stato imputato nel processo Rinascita Scott ed è stato condannato a 10 anni di reclusione. In una relazione di servizio Marinaro scrive che l’11 maggio 2019 l’avvocato Pittelli, con il quale nel corso degli anni aveva intrattenuto un rapporto di “cordiale amicizia”, gli inoltrava dei messaggi per chiedergli un incontro, messaggi ai quali Marinaro non rispondeva “in quanto assorto da problemi familiari avendo uno dei figli che non stava bene”». Accade però che il giorno dopo i due si incontrino “casualmente” in un bar di Girifalco. L’ufficiale scrive che «Pittelli che gli era apparso alquanto agitato e che, “con le lacrime agli occhi” gli diceva che era “l’ennesimo amico che non rispondeva ai suoi messaggi e che questa cosa l’aveva particolarmente turbato”».
Quello stesso giorno il penalista scrive un testamento olografo «rinvenuto durante la perquisizione nel suo studio, nel quale l'imputato manifestava istinti suicidari, rimarcando la sua disperazione, specificando di non poter sopportare l’onta della sconfitta e di non poter vivere di disonore». Ma come faceva a parlare di disonore e onta della sconfitta sette mesi prima che scattasse l’operazione? In sentenza viene rimarcato come la richiesta di misure cautelari fosse stata depositata il 30 luglio 2018 mentre il 14 marzo 2019 e il 25 novembre 2019 fossero state depositate due integrazioni alla richiesta stessa.
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«È quantomeno singolare – scrivono i giudici - che Pittelli abbia inoltrato dei messaggi a Marinaro l’11 maggio 2019 per chiedergli un incontro, che in data 12 maggio 2019 abbia “casualmente” incontrato in un bar Marinaro - quello stesso agente che lui considerava in grado di reperire informazioni riservate - e che, lo stesso giorno, abbia scritto un testamento olografo nel quale manifestava la sua disperazione». La conclusione alla quale giunge il collegio è una: «È plausibile, dunque, che Marinaro Michele, consueto canale di informazioni del Pittelli, in quell’occasione gli abbia fornito notizie riservate che stavolta Io riguardavano personalmente». Una tesi rafforzata dal foglio pieno di appunti che è stato trovato nel corso della perquisizione. Dunque i giudici mettono nero su bianco che l’incontro del 12 maggio e i successivi accadimenti «rendono verosimile che sia stato proprio il Marinaro, in quella data, ad aver disvelato al Pittelli l’esistenza di una richiesta di misura cautelare a suo carico».
Gli appunti riportano anche un altro fatto singolare: Pittelli riporta il nominativo del collaboratore di giustizia Nicola Femia con accanto un punto interrogativo.
Ma a dicembre 2019 «l’Ufficio di Procura di Catanzaro alla data dell’esecuzione della misura non era a conoscenza delle dichiarazioni rese da Femia, già in data 20 luglio 2017, sul conto di Pittelli e che venivano trasmesse alla Dda di Catanzaro solo nel 2020».
«Il fatto che Giancarlo Pittelli – conclude il collegio - annotasse un punto interrogativo proprio accanto al nome “Femia”, unico argomento tra quelli inseriti in questo foglio manoscritto a non comparire nella richiesta di misura cautelare, rende ancora più plausibile la prospettazione secondo la quale lo stesso avrebbe ricevuto una rivelazione sulla pendenza di una richiesta di misura cautelare a suo carico e sugli argomenti sui quali la stessa era fondata».