«In queste condizioni l’esame di maturità “in presenza” non sarà facile. Si rischia di aumentare l’ansia dei ragazzi che si ritroveranno soli, senza compagni, davanti una commissione mascherata».
Le direttive del ministero della Pubblica istruzione, che ha stabilito le regole per la prova che chiude il ciclo di istruzione secondaria, non sono state accolte in maniera pacifica. Francesca Viscone, dirigente scolastico dell’Istituto omnicomprensivo di Filadelfia, è categorica: «Avremmo voluto un po’ più di attenzione alla salute e al benessere di tutti. Il Consiglio superiore della pubblica istruzione, organismo di carattere consultivo di cui fanno parte intellettuali, pedagogisti, dirigenti scolastici, aveva fatto richieste precise, chiedendo una decisa semplificazione delle prove d’esame con l’individuazione di una modalità che consentisse comunque allo studente di dare prova delle competenze raggiunte. Invece, è stata confermata dal ministero una scansione eccessivamente rigida del colloquio».

 

Molte scuole sono preoccupate, in particolare, dalla decisone del ministro Lucia Azzolina di prevedere la presenza fisica di studenti e docenti, escludendo il ricorso alla videoconferenza per l’unica prova prevista: un colloquio orale che abbia la durata massima di un’ora. Una questione tutt’altro che secondaria, che vede i dirigenti costretti a fare i conti con una logistica molto complessa perché deve rispettare le norme di sicurezza, dal distanziamento al contingentamento degli ingressi, dall’uso dei dispostivi di protezione (mascherine e guanti) alla sanificazione degli ambienti.

«In un momento come quello attuale – continua Viscone -, con tutte le incognite che la fine del lockdown si porta appresso, sarebbe stato meglio evitare l’esame a scuola, permettendo che venisse svolto in videoconferenza».
Ma non sono solo i dirigenti scolastici a nutrire pesanti riserve nei confronti di questa scelta. Anche gli studenti sono perplessi: «Non capisco perché aggravare una situazione già così difficile – spiega Luisa La Bella, maturanda del Liceo musicale di Vibo Valentia -. Ognuno ha una famiglia da cui tornare che non vogliamo mettere in pericolo. A cosa serve optare per un esame in presenza visto che neanche in questo modo potrà mai essere la maturità di tutti gli altri anni? Ormai la possibilità di vivere questo momento come andrebbe davvero vissuto ci è stata tolta dall’emergenza coronavirus. Non è certo l’esame in presenza che ci cambierà il ricordo della maturità».

 

Considerazioni che non sono mosse certo da uno scarso profitto scolastico, visto che questa ragazza di 18 anni può contare su un percorso costellato di ottimi risultati. «Prima che scoppiasse l’emergenza immaginavo quello della maturità come l’anno più bello della mia vita - racconta commuovendosi -. Non vedevo l’ora di vivere questa esperienza con i miei compagni, di percepire l’emozione dell’esame… Tutto questo ci è stato tolto dal virus. Ma ora che siamo in questa situazione, che senso ha rischiare facendo il colloquio in classe, quando invece avremmo potuto farlo online, così come abbiamo studiato e interagito con i nostri professori negli ultimi mesi?».

 

La maturità 2020 entrerà nella storia del nostro Paese, come tante altre cose accadute durante questo anno difficilissimo. Ma ciò che è perso non potrà essere recuperato, neppure attraverso quello che appare come un surrogato di esame.
«Questi ragazzi – aggiunge Viscone, che ha avuto la possibilità di confrontarsi in diretta con la studentessa vibonese nel corso della trasmissione targata LaC “Prima della notizia” – hanno perso tanto in termini di socializzazione con i compagni, di relazione affettiva ed educativa con i docenti. Tutte cose che non si possono certo recuperare con un esame di un’ora».
Critiche alla decisione del ministero che però non scalfiscono le convinzioni della dirigente in merito alla qualità della Scuola italiana: «Una Scuola eccezionale, che ha dimostrato in questi mesi le straordinarie capacità di docenti e ragazzi, che con resilienza hanno saputo affrontare questo momento molto difficile, adattandosi alla didattica a distanza. L’istruzione italiana in questo frangente è riuscita a dare il meglio di sé, con l’aiuto reciproco di insegnanti, studenti e famiglie, che hanno supportato con grande senso di responsabilità i propri ragazzi e le istituzioni scolastiche».