Aveva lasciato la scuola in seconda elementare, a 14 anni militava già nella cosca Lo Bianco-Barba e finì in un articolo su Cronaca Vera: “O mi dai 30 milioni o ti faccio saltare in aria”. Maneggiava armi e prima della maggiore età aveva già commesso omicidi.

L’omicidio Gancitano e la dote di trequartino

Raggiunge la dote di trequartino dopo l’omicidio di un altro giovanissimo soldato della ‘ndrangheta, il cugino Filippo Gancitano che faceva parte del suo stesso gruppo. Andrea Mantella, 51 anni, collaboratore di giustizia è il primo teste che la Dda di Catanzaro sta sentendo nel corso del maxi processo Maestrale-Carthago. Per il delitto del cugino è stato condannato a 14 anni nel corso del processo Rinascita Scott.

L’ordine degli Alvaro: «Uccidete Gancitano o vi blocchiamo le doti»

Mancano i mandanti ma Mantella ripete oggi quello che ha sempre dichiarato: gli è stato ordinato di uccidere Gancitano da parte della cosca Lo Bianco-Barba perché Gancitano era gay. «Sono stato premiato per aver soppresso Gancitano, perché Gancitano era gay e all’interno della cosca Lo Bianco-Barba assolutamente non ci poteva stare un gay perché il clan era stato richiamato a rispettare i codici». Un ordine che arrivava dagli Alvaro di Sinopoli. All’epoca c’era Domenico Alvaro detto “Nicu u Scagliuni” che aveva chiesto ai vertici della criminalità di Vibo Valentia (Enzo Barba e Carmelo Lo Bianco) «che si doveva fare un po’ di pulizia all’interno del locale di ‘ndrangheta, altrimenti gli bloccavano le doti». Il rischio era quello che tutto il locale di Vibo rimanesse bloccato.

La scissione dopo l’omicidio di Raffaele Cracolici

Nel 2003 Andrea Mantella esce dal carcere (dopo una condanna per l’omicidio di Ferdinando Manco) e comincia a manifestare l’intento di avere mire espansionistiche e punta all’autonomia.
La scissione dai Lo Bianco-Barba inizia con l’omicidio di Raffaele Cracolici, boss di Maierato, a maggio 2004. Un omicidio voluto da Mantella e dal suo gruppo. Nasce un’alleanza con i Bonavota di Sant’Onofrio, con gli Anello-Fruci di Filadelfia, con gli Emanuele, le giovani leve dei Piscopisani e con Damiano Vallelunga boss delle Serre Vibonesi. Il gruppo si coalizza contro quello che è sempre stato lo strapotere dei Mancuso di Limbadi.
E’ Damiano Vallelunga, racconta Mantella, che rappresenta il nuovo gruppo a Peppe Pelle e gli spiega che si stanno ribellando perché avevano fatto dei sacrifici e raccoglievano solo le briciole.
«Anche per questo Damiano Vallelunga è stato ucciso», afferma Mantella.

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