Tre uomini spariti: Rosario e Salvatore Manfreda, padre e figlio, scomparsi il giorno di Pasqua, e Massimo Vona, del quale non si hanno più notizie dallo scorso novembre. Tre uomini inghiottiti dal buco nero della lupara bianca nella provincia di Crotone e l’ombra di una guerra di mafia che si addensa sulle loro sorti. Indagano i carabinieri con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro.

 

Si sarebbero allontanati a bordo di una Ford di colore scuro, della quale non si trova traccia in paese e nelle campagne circostanti dove i Manfreda verosimilmente si sarebbero recati domenica mattina per raggiungere l'azienda zootecnica che possiedono in una zona ai confini tra i comuni di Petilia Policastro e di Mesoraca. Proprio quella dei contrasti nell'ambito del loro lavoro di allevatori è una delle piste che i carabinieri della compagnia di Petilia Policastro agli ordini del capitano Marco D'Angelo, unitamente agli investigatori del comando provinciale di Crotone, stanno attentamente vagliando nel cercare una spiegazione alla misteriosa scomparsa di padre e figlio che risultano entrambi incensurati.  I congiunti spariti con il loro fuoristrada dalla frazione Foresta di Petilia Policastro nel giorno della Resurrezione, sono imparentati con Vincenzo Manfreda, il boss assassinato il 23 marzo del 2012. Un’esecuzione a cui fece seguito l’agguato del successivo 21 aprile nel quale fu ucciso Valentino Vona e rimase gravemente ferito il fratello Giuseppe. I due Vona (che – svelarono le indagini – erano estranei all’omicidio del boss Manfreda, in realtà fatto fuori dai suoi affiliati) sono a loro volta congiunti di Massimo Vona, la suo scomparsa fu il preludio alla riaccendersi delle tensioni tra i clan che in questi mesi non hanno risparmiato il territorio petilino ma anche Roccabernarda e San Nicola dell’Alto, Pallagorio e Carfizzi, luoghi nei quali vivevano e poi sono stati uccisi, lo scorso 23 dicembre, Francesco e Saverio Raffa, anch’essi padre e figlio.

 

Anche su questo terribile agguato indaga la Procura antimafia di Catanzaro, la quale non esclude l’esistenza di un minimo comune denominatore alla lunga scia di sangue che spaventa la provincia pitagorica.

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