«La bottiglietta l'ho legata… la carta dentro…, e dove andavamo dal fieno di dietro... si ma non c'è un cane in giro... tanto fino a quando chiamano i pompieri... le fiamme sono arrivate sopra la pala eolica... però le fiamme tanto che si sono liberate si è visto giorno, dieci minuti ed è arrivata all'olio ..quando devi fare una cosa compà la devi fare in maniera decisa».
Il 15 gennaio 2019 Massimo Citraro avvisa Antonio Paradiso di avere portato a termine la “missione” per la quale si erano organizzati. Il fatto è compiuto, la bottiglietta incendiaria è stata piazzata su un escavatore e non c’è scampo nemmeno per la vicina pala eolica. Citraro comunica di avere lasciato a casa i propri complici e rassicura Paradiso di essersi accertato, prima di lasciare il luogo dell’intimidazione, che fosse scaturito del fumo: «Fumau».

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In effetti, quando i carabinieri di Borgia effettuano il sopralluogo in località Palazzo, dove un ditta era impegnata nei lavori di rifacimento ed ammodernamento della strada interpoderale Serbigora-San Pietro, osservano che «che effettivamente nei pressi del luogo in cui è stato perpetrato l'incendio dell'escavatore erano presenti le pale eoliche».
Questo episodio si inserisce in una delle tante estorsioni che vengono contestate alla cosca Catarisano di Roccelletta di Borgia. L’estorsione, secondo l’accusa formulata dalla Dda di Catanzaro, viene addebitata ai vertici del sodalizio Massimo Citraro e Pietro Abbruzzo, al figlio di questi Bruno, alla nuova leva Antonio Paradiso e a un non meglio identificato Massimo.
Fortunatamente, prima che il fuoco producesse altri danni, il proprietario di un terreno vicino al luogo dei lavori aveva avvisato il proprietario e aveva provveduto a spegnere l’incendio con una pompa idrica.

Intimidazione in diretta

Gli indagati non potevano sapere che mentre organizzavano l’atto intimidatorio, i carabinieri erano all’ascolto.
Già alle sette di sera Pietro Abruzzo e il figlio Bruno lamentano il fatto che Antonio Paradiso non sia ancora arrivato al casolare di campagna di Citraro dove dovevano incontrarsi.
Mentre attendono, Citraro e Bruno Abbruzzo hanno una discussione sull’orario scelto per compiere la missione. Secondo Citraro, infatti, le 17 non è una buona ora perché non avrebbero potuto godere del favore del buio: «Alle cinque con il giorno!», sbotta.

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«Non dimenticare gli attrezzi e lascia stare il telefonino»

Alla fine Paradiso si presenta con un tale Massimo e Citraro si raccomanda di «prelevare alcuni attrezzi funzionali evidentemente all'esecuzione del danneggiamento, per evitare di dimenticarli». «Massimè – gli dice - prendi quel martello e mettilo nella busta, dentro il mobiletto, per non scordarlo». E poi esorta Bruno Abbruzzo a non portare con sé il telefono cellulare «lascialo qui il telefono, Bruno! No?», mentre Pietro Abbruzzo invita Citraro a fare lo stesso: «E sì! Anche tu il telefono lo lasci qui...».
A partire per la “missione”, dunque, sarebbero stati Bruno Abbruzzo, Citraro e Massimo.

Senza intimidazione non c’è «credibilità»

L’intimidazione, secondo Bruno Abbruzzo, era necessaria per imporre il predominio della cosca grazie alla forza intimidatrice emanata: «Se non facevamo come abbiamo fatto, perdevamo tutto, compare. Non abbiamo credibilità non abbiamo niente senza questa, cavolo».
«Quella sera sono andato a bruciare l'escavatore perché pensavo che c'eri tu nel mezzo», dice Bruno Abbruzzo a Sandro Ielapi. 
«Giova a tal riguardo precisare - scrive il gip - come il danneggiamento dell'escavatore, ritenuto "strategico" al fine di dimostrare l'operatività della consorteria ("... e se non facevamo come abbiamo fatto, perdevamo tutto, compare! Non abbiamo credibilità, non abbiamo niente..."), sia avvenuto proprio in località Palazzo del comune di Borgia, nei pressi del cantiere stradale per i lavori di rifacimento e ammodernamento della strada interpoderale Serbigora - San Pietro, ricadente proprio nel territorio del comune di Girifalco, sul quale Sandro Ielapi risulta esercitare il controllo criminale per conto della cosca Catarisano».