Il prosecco da Torino e lo stocco dalla Calabria erano soltanto scuse: la cosca Maiolo di Acquaro utilizzava l’import-export come «copertura»; in realtà i viaggi per smerciare prodotti alimentari servivano a trovare appoggi per il narcotraffico. È questa l’ipotesi a cui lavora la Dda di Catanzaro nell’inchiesta (firmata dal procuratore facente funzioni Vincenzo Capomolla e dai pm Annamaria Frustaci, Antonio De Bernardo e Andrea Buzzelli) sulla ’ndrangheta nelle Preserre vibonesi. Erano Angelo Maiolo, 40 anni, e Vincenzo Pisano, 30 anni, a occuparsi di avviare le attività imprenditoriali che «hanno fornito la base logistica per l’effettuazione di una serie di viaggi alla volta dell'Abruzzo, della Svizzera, della Germania e di Torino, in realtà finalizzati allo smercio di stupefacente».

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Angelo Maiolo avrebbe usato per i traffici di droga «la propria rete relazionale locale»: vedette, trasportatori e corrieri al servizio del business «in territorio nazionale ed estero». I carabinieri del Ros hanno «documentato una serie di viaggi finalizzati al traffico di stupefacenti in Calabria, in Abruzzo e in altre zone d’Italia effettuati da Maiolo, Rodolphe Pinto (62enne nato in Francia e residente in Piemonte) e Nicola Papaleo, 65enne di Rosarno residente in provincia di Chieti. I tre avrebbero adottato tutte le precauzioni del caso per non farsi scoprire: telefoni spenti, spostamenti con veicoli diversi, nessun riferimento esplicito alla droga.

Poi, il 14 dicembre 2019, avrebbero svelato la ragione dei loro spostamenti: dopo esserci fermati all’alt dei carabinieri si sarebbero dati alla fuga seminando i militari. È una conversazione tra due complici dei Maiolo a dare agli inquirenti «la definitiva certezza sul carattere illecito degli affari gestiti dagli indagati». I due parlano esplicitamente di «nascondere la roba». «Qua al night ci stava il posto di blocco, ha rifatto il posto di blocco. Arrivo a Cupello, io volevo scendere perché la roba la volevo nascondere, compa’, come vado per scendere arriva un’altra pattuglia». Arrivano, per delineare ulteriormente il quadro, due arresti in flagranza. Il secondo riguarda un cittadino albanese e fa uscire dai gangheri Maiolo che «lamenta la perdita subita a causa di una persona di Vasto»: «Io devo salire a Vasto che una persona mi deve 15mila euro e che una persona mi ha fottuto un sacco di roba».

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Riguardo agli affari di droga dei Maiolo, un contributo alle indagini arriva dal pentito Bartolomeo Arena: dopo qualche cenno biografico sul clan di Acquaro, Arena precisa «che gli interessi fuori regione dei Maiolo riguardano principalmente la zona di Montesilvano e le zone limitrofe a cavallo delle provincie di Teramo e Pescara. So che sono inseriti nel tessuto criminale di quelle zone e hanno affari anche in relazione al traffico di sostanze stupefacenti, attività che viene occultata dal paravento di un'azienda che si occupa della commercializzazione di prodotti tipici calabresi e che per quanto ne so opererebbe, almeno formalmente, in quell'area geografica». Continua a leggere sul Vibonese.it.