«Le relazioni prefettizie sugli scioglimenti vengono secretate perché spesso sono imbarazzanti: all’interno non c’è nulla». Nino Macrì, ex sindaco di Tropea che si è visto sciogliere il Comune per presunte infiltrazioni mafiose il 23 aprile scorso, non molla e segna un’altra X sulla carlinga dell’aereo dal quale cerca di bombardare da mesi la legge che regola la materia, considerata, non solo da lui, un vulnus democratico. Sott’accusa c’è soprattutto la mancanza di contraddittorio e la conseguente impossibilità di difendersi da parte dei sindaci che finiscono sotto la lente delle prefetture.

Ieri, nel corso dell’ultima puntata di Perfidia - la trasmissione di Antonella Grippo su LaC Tv che è possibile rivedere su LaC Play - ha rimarcato concetti che ormai sono diventati il suo mantra. Ma ha anche aggiustato bene il tiro, mettendo in chiaro che non ce l’ha con gli organi inquirenti, ma con la politica. «Il mio Comune non è stato sciolto dalla magistratura - ha scandito - ma dalla politica. Anzi, è grazie alle operazioni della magistratura se oggi lungo la Costa degli Dei si respira un’aria nuova. Questo è percepibile e innegabile. Non è la magistratura che scioglie i Comuni, ma la politica. La stessa politica che ha voluto questa legge che consente di interrompere un percorso democratico sulla base di mere supposizioni spesso alimentate da un generale pregiudizio».

Alla politica, nello specifico quella della sua parte (Forza Italia), Macrì rimprovera anche di essere stato abbandonato. «Io sono un uomo di scuderia, che fa squadra – ha sottolineato – ma quando il Comune di Tropea è stato sciolto nessuno del mio partito ha speso una parola per sostenermi, a cominciare dal presidente della Regione Roberto Occhiuto». Continua a leggere su IlVibonese.it