Anche i parcheggi per l’aeroporto di Milano Malpensa erano in mano alla ‘ndrangheta. È quanto emerge dall’inchiesta portata a termine dai carabinieri del comando provinciale del capoluogo lombardo che ha portato 28 persone in carcere e 7 ai domiciliari con le accuse, a vario titolo, di associazione mafiosa finalizzata a una serie di estorsioni, violenze private e lesioni. Nel mirino dei pm milanesi la locale di ‘ndrangheta di Legnano-Lonate Pozzolo, ricostruita dopo le scarcerazioni per fine pena dei principali affiliati condannati nelle inchieste “Infinito” e “Bad boys”, fra cui Vincenzo Rispoli, Emanuele De Castro e Mario Filippelli. Una situazione di tensione, quella creatasi fra il varesotto e l’hinterland milanese, risolta grazie all’intervento di Giuseppe Spagnolo. Così, mentre Filippelli torna ad occuparsi delle tradizionali attività criminali, De Castro si occupa del business dei parcheggi all’aeroporto di Malpensa. Sotto la lente dei magistrati sono finiti il Parking Volo Malpensa, il Malpensa Car Parking e metà delle quote della Star Parkings srl. Fondamentali sono stati gli elementi apportati da un imprenditore del settore che, rifiutandosi di sottostare alle richieste estorsive, ha registrato e annotato tutte le chiamate. Il referente del clan non gli aveva dato alternativa: o entri in affari con noi o ti scasso tutto.

 

L’inchiesta ha messo in luce come gli esponenti della locale di Lonate Pozzolo fossero visti come soggetti in grado di risolvere le controversie: c’era chi cercava protezione dall’incendio dell’autovettura, chi chiedeva d picchiare il fidanzato della figlia, poco gradito, o chi doveva comperare il caffè per il bar da un solo fornitore. Persino due consiglieri comunali si rivolgevano ai clan per ottenere protezione. In cambio c’erano corsie preferenziali per gli appalti. 

Arrestato anche un consigliere comunale

C’è anche un consigliere comunale di Ferno, nel Varesotto, tra gli arrestati dell’operazione Krimisa dei carabinieri di Milano, che ha portato questa mattina all’arresto di 34 persone. Si tratta di Enzo Misiano, eletto con Fratelli d’Italia; Ferno è uno dei comuni su cui insiste l’aeroporto di Malpensa. Misiano era presidente della commissione commercio e attività produttive, posizione nella quale poteva controllare per conto delle cosche gli investimenti e i terreni appetibili dai clan per la costruzione dei parcheggi. Misiano, inoltre, non era solo un fiancheggiatore, ma proprio un interno alla ‘ndrangheta: quando i capi della cosca Farao-Marincola di Cirò Marina, che controllava la locale di Lonate Pozzolo e Legnano, venivano a Milano per i summit di ‘ndrangheta era lui a fare da autista; con particolare assiduità infatti accompagnava il boss Giuseppe Spagnuolo agli incontri con gli emissari locali

L'ex sindaco coinvolto

L'indagine dei Carabinieri e della Dda di Milano avrebbe accertato un legame tra l'ex sindaco di Lonate Pozzolo (Varese), Danilo Rivolta, e alcuni esponenti del 'locale' di 'ndrangheta. L'elezione di Rivolta sarebbe stata appoggiata da influenti famiglie calabresi che lo avrebbero aiutato in cambio di un assessorato alla nipote del boss Alfonso Murano, ucciso il 28 febbraio del 2006 a Ferno (Varese). Tra gli indagati anche un consigliere di Fratelli d'Italia e un perito che lavorava per la Procura di Busto Arsizio (Varese): avrebbe fatto da 'talpa' su alcune indagini.

 

Gli ‘ndranghetisti, molti dei quali colpiti già nel 2009 e nel 2010 da lunghe pene detentive nell’ambito delle indagini Bad Boys e Crimine infinito, avevano “ricostruito” completamente la loro organizzazione in Lombardia, e ora puntavano sul controllo dei parcheggi intorno allo scalo internazionale, perchè diventato «più appetibile economicamente ora che Linate è chiuso per 4 mesi», ha fatto presente la pm antimafia Alessandra Cerreti, che insieme al numero uno della Dda Milanese, Alessandra Dolci, ha coordinato l’indagine.

Il coraggio di denunciare

L’unico a rompere il silenzio è stato un imprenditore locale, che avrebbe voluto acquisire un terreno per costruirvi un parcheggio: infinite le pressioni delle cosche, anche indirettamente tramite un consulente del lavoro, ora ai domiciliari, «che si fingeva neutro ma era in realtà portatore di interesse dei mafiosi». Tra coloro che inviavano messaggi intimidatori, anche una giovane incensurata, fidanzata del figlio del boss, al quale era intestato uno dei parcheggi già in mano alla ‘ndrangheta. «La presenza di un imprenditore che denuncia ci dà speranza: è la prima volta in Lombardia» - ha sottolineato l’aggiunto Dolci.