«Occorre prendere atto della mancata prova della formale affiliazione dell’imputato Cherubino, che va letta, necessariamente, in uno con la mancata contestazione di singoli reati». Le motivazioni della sentenza di Appello che ha assolto «perché il fatto non sussiste» l’ex consigliere regionale Cosimo Cherubino, riscrivono parte della storia politico-giudiziaria recente nella Locride.

Per i giudici di secondo grado infatti mancano le prove; non solo di una diretta affiliazione alla ‘ndrangheta da parte dell’ex politicocondannato in primo grado a 12 anni di reclusione – ma anche «dell’individuazione delle specifiche e concrete condotte tenute dal Cherubino nella sua attività politico-amministrativa, a vantaggio della cosca». E poi le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia che non avrebbero saputo collocare temporalmente le condotte mafiose del politico sidernese, e la mancata prova di una “mangiata” organizzata per veicolare i voti del clan in modo compatto, oltre ai diversi punti di vista “politici” venuti fuori dall’ascolto delle intercettazioni alla lavanderia “Ape Green” di Siderno: sono numerosi i punti con cui i giudici d’Appello hanno “smontato la sentenza del tribunale di Locri, ribaltandola con tre assoluzioni e un non doversi procedere a causa della morte dell’imputato.

Arrestato nel 2012 nell’ambito dell’operazione “falsa politica” Cosimo Cherubino era stato condannato con l’accusa di essere «un affiliato alla ‘ndrangheta che, nel corso degli anni, si è dedicato alla carriera politica sfruttando l’appoggio dei suoi sodali e ricevendo il consenso anche al di fuori dello stretto territorio di appartenenza, sulla base dell’indiscutibile presupposto che sarebbe stato sempre a disposizione degli amici».

Non nuovo ai problemi con la giustizia – era stato arrestato e poi ancora assolto nel procedimento “bluff” – e legato da strettissimi rapporti di parentela con il ramo “Brigante” della cosca Commissio, Cherubino è stato per una manciata di tornate elettorali, “l’oggetto misterioso” della politica locale. Prima con l’elezione universitarie a Messina, poi con la politica vera.

Nel consiglio provinciale di Reggio, eletto due volte, l’ultima con più di 2600 preferenze che gli valsero la nomina a vice presidente, fino al consiglio regionale, conquistato nel 2005 nelle file dello Sdi grazie a quasi settemila voti, e al tentativo non riuscito di scalata alla camera, tra i candidati Pdl. Poi l’arresto nel 2012 e la scarcerazione per decorrenza termini quattro anni dopo. Fino alla sentenza d’assoluzione del febbraio scorso. Dieci anni esatti dopo gli arresti.