Gli appetiti delle cosche raccontati nell’inchiesta Scolacium che ha portato all'arresto di 22 persone nel Catanzarese. La rivalità tra clan e l’intervento del referente degli Arena. Il commento del reggente: «Facciamo figure di m***a»
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«In virtù di questi rapporti che Nico Gioffrè aveva con Vallefiorita, gli esponenti di Vallefiorita che volevano chiudere loro l'estorsione con l'impresa che realizzava le pale eoliche, diedero incarico a Nico Gioffrè di parlare con Abbruzzo Salvatore detto Tubetto per dirgli che, sulla base dei precedenti accordi che in passato erano stati stabiliti dal defunto Turi Pilo, quelli di Vallefiorita avrebbero voluto che una volta chiusa l'estorsione si sarebbero divisi i soldi tra Borgia, intendendo anche Roccelletta di Borgia e Vallefiorita, intendendo anche Amaroni. A questo incontro tra Nico Gioffrè e Salvatore Abbruzzo ho partecipato anche io. Abbruzzo ha rifiutato la proposta che Gioffrè gli ha portato per conto di Vallefiorita e che i vecchi accordi se li poteva conservare nel cassetto, perché loro non volevano dividere niente con nessuno. Ciò metteva i due gruppi su posizioni contrapposte e pronti ad una guerra».
Per evitare un faida sanguinosa era poi intervenuto, racconta Mirarchi nel 2016, un esponente di spicco degli Arena, Paolo Lentini che aveva convinto i due clan catanzaresi a rispettare gli accordi e aveva calmato l'animo di Salvatore Abbruzzo.
Questo racconta il collaboratore di giustizia Santo Mirarchi agli inquirenti riguardo alla contesa sull’affare delle pale eoliche che si era instaurata, anni addietro, tra le cosche rivali Bruno e Catarisano. Appellandosi alla gerarchia mafiosa, il gruppo Bruno di Vallefiorita si era rivolto a Nicolino Gioffrè, il referente su Catanzaro del clan di ‘ndrangheta degli Arena di Isola Capo Rizzuto, chiedendo di fare da intermediario alla richiesta di rispettare i vecchi accordi stretti con il defunto Salvatore Turi detto Pilo, precedente capocosca, sulla equa spartizione dei proventi dell'estorsione ai danni dell'impresa che avrebbe installato il parco eolico.
Un affare da sempre lucroso da sempre quello dei parchi eolici che ritorna anche nell’inchiesta Scolcium che oggi ha portato all’arresto di 22 persone appartenenti ai clan Bruno di Vallefiorita e Catarisano di Roccelletta di Borgia.
Estorsione al parco eolico di Vallefiorita
In tempi recenti, un episodio di estorsione a un’impresa che doveva costruire un parco eolico nel comune di Vallefiorita viene contestato agli appartenenti del clan Bruno Gennaro Felicetta, Francesco Bruno e Luciano Babbino.
Molte delle accuse emergono dalle intercettazioni sul cellulare di Gennaro Felicetta, nipote degli storici capi cosca dei Bruno, e reggente del clan per conto dello zio Francesco Bruno che gli impartisce disposizioni dal carcere.
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A febbraio 2019, Felicetta parla con Adrian Domianov Dimitrov e riferisce come nei confronti di una non meglio precisata impresa, impegnata nei lavori di costruzione del parco eolico in territorio ricadente nei Comuni di Vallefiorita e Palermiti, fosse stata posta in essere, da parte dei Bruno, una richiesta estorsiva di 250mila euro. Lo stesso Felicetta era stato mandato, su ordine di Francesco Bruno, dalla vittima a chiedere perché l’estorsione non fosse stata ancora pagata.
Il pizzo pagato col cemento
L'imprenditore gli aveva fatto presente che la richiesta era già evasa sotto forma di una fornitura di cemento che aveva provveduto a far recapitare gratuitamente a Luciano Babbino per un importo addirittura superiore a quello stabilito a titolo estorsivo.
Felicetta sospettava che il sodale avesse usato quel cemento per costruire un grosso stabile.
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«C'era una ditta, no, - dice Felicetta - che doveva portare duecentocinquanta... quando hanno fatto le pale... no! [costruzione del parco eolico, ndr], quando è morto mio zio Giuseppe, dopo..., no, gli ha scaricato tutto il cemento per la casa a lui ...lui aveva fatto il fabbricato, quello dove siamo andati a prendere la pizza... [stabile nella disponibilità del Babbino, ndr] [...] quello è tutto il suo [...] tutto, ci sono pure garage sotto terra». Secondo Felicetta, Babbino aveva intestato l’immobile alla moglie. E, in effetti, la moglie di Babbino risulta intestataria di un grosso fabbricato a Vallefiorita dove c’è anche una pizzeria.
L’ira del boss Bruno e la punizione per Babbino
Venuto a conoscenza dell’accaduto, Francesco Bruno era andato su tutte le furie - «quando gliel'ho detto a mio zio, si è incazzato, l'ha chiamato, si è incazzato forte mio zio» - e aveva rimproverato l’accoscato Babbino di avere gestito in modo unilaterale l'attività estorsiva. Babbino aveva tentato di giustificarsi ma poi si era piegato a pagare a Bruno 5000 euro al mese.
«Facciamo figure di me**a»
Secondo Felicetta l’episodio rappresenta una brutta figura fatta dal clan Bruno: «Dice che sono della stessa famiglia e neanche parlano tra loro, hai capito? Facciamo figure di me**a...».
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L’estorsione al parco eolico di Amaroni: altro cemento per Babbino
A questo episodio si aggiungono le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Salvatore Danieli, rese nel 2018 all’allora procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla, riguardo a una precedente (e qui non contestata) estorsione all’impresa che stava costruendo il parco eolico di Amaroni. La richiesta era stata fatta dallo storico capo cosca Giuseppe Bruno il quale, dice Danieli, aveva acconsentito che la somma di 40.000 euro venisse corrisposta attraverso la fornitura di cemento per consentire a Luciano Babbino di ultimare dei lavori relativi ad una struttura.