Questa volta l’indizio non arriva dalle carte bollate, ma da una conferenza stampa. Quella della cattura di Matteo Messina Denaro, latitante per 30 anni e boss indiscusso di Cosa Nostra. «La latitanza di Matteo Messina Denaro si è svolta in tante parti del territorio nazionale, nell'ultima parte nelle province di Palermo e Trapani» ha dichiarato il procuratore Maurizio De Lucia, affiancato dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dal Generale Pasquale Angelosanto, comandante dei carabinieri del Ros, il reparto speciale dell’Arma che ha messo fine alla carriera criminale del mafioso di Castelvetrano.

«In tante parti del territorio nazionale» dice il magistrato, ex capo della procura di Messina. Lazio? Toscana? Liguria? Piemonte? Lombardia? Emilia-Romagna? No, più semplicemente in Calabria. Ebbene, aumenta sempre di più la convinzione tra gli inquirenti e gli investigatori che la rete di fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro possa aver varcato lo Stretto di Messina, aiutando il boss a sfuggire al blitz della Dda di Palermo. Proprio in Calabria, dove Messina Denaro, secondo quanto dichiarato da Pasquale Gallone, nell’intercettazione fatta ascoltare in esclusiva nel format “Mammasantissima”, condotto da Pietro Comito su Lac Tv, veniva considerato “un signore”. Dove si ipotizza che fosse stato il giorno in cui venne ucciso il giudice Antonino Scopelliti. E tanto altro. Insomma, la Calabria non è affatto una terra sconosciuta a Matteo Messina Denaro. Né lo è a Cosa Nostra. È davvero possibile quindi che Matteo Messina Denaro abbia trascorso un periodo della sua longeva latitanza in Calabria? I dettagli portano in un’unica direzione.

Partiamo da quelli già noti. Sappiamo, come descritto in un servizio pubblicato dal nostro network il giorno stesso dell’arresto, che Cosa Nostra aveva comprato degli appartamenti in quel di Mendicino, comune delle Serre cosentine. Lo aveva riferito il collaboratore di giustizia Luigi Paternuostro. È tutto? No.

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Il 2 aprile del 2021 i carabinieri circondano un appartamento situato in un palazzo che si affaccia sul lungomare di Amantea. Sono circa venti i militari dell’Arma che assaltano la zona, alcuni incappucciati, altri no. La gente filma e si domanda: “Chi stanno cercando?”. Le prime indiscrezioni parlano di un latitante. In passato infatti in quella zona era stato trovato un esponente della ‘ndrangheta reggina. Forse una soffiata, forse un input da parte di una procura lontana, magari quella di Palermo, ma al termine delle operazioni il risultato è il seguente: nell’abitazione non c’era nessuno. All’interno vi erano almeno documenti? Dagli investigatori bocche cucite.

E allora dove si poteva nascondere Matteo Messina Denaro? Probabilmente sempre nel Cosentino, ma dall’altro lato. Una zona a cavallo tra due province, quella di Cosenza e Crotone, tra il mare e la montagna. Dallo Jonio verso l’entroterra, territori dove ci si può nascondere senza grosse difficoltà. E anche in questo caso la storia può dare qualche indicazione. A cominciare dagli anni di Franco Pino, oggi collaboratore di giustizia. E come può aver passato Matteo Messina Denaro il periodo di latitanza in provincia di Cosenza? In un casolare sperduto, stile Bernardo Provenzano, o in un centro abitato? Stando alle notizie che arrivano dalla Sicilia, circa il ritrovamento dei due covi a Campobello di Mazara, in provincia di Trapani, le abitazioni in cui il boss di Castelvetrano aveva passato gli ultimi anni, sono in pieno centro, in area dove non mancano esercizi commerciali e uffici. D’altronde si pensa che, al cospetto dei suoi 30 anni di latitanza, conducesse una vita normale, soprattutto grazie all’aiuto di incensurati. E questo è un altro dettaglio da tenere in forte considerazione. E allora, è mai possibile che la ‘ndrangheta si spingesse fino al punto di coprire la sua permanenza utilizzando affiliati, gente quindi pienamente coinvolta nel crimine organizzato? Anche in questo caso l’attualità ci dice che, sebbene siano le organizzazioni mafiose a trovare il luogo e l’appartamento, il periodo di latitanza viene gestito da gente “sconosciuta” alle forze dell’ordine.

Di recente è successo così per il narcotrafficante reggino Francesco Strangio, scovato a Rose, in provincia di Cosenza, e “coperto” da persone insospettabili. Nulla di più scontato che anche per Matteo Messina Denaro le cose siano andate in questo modo. Ai magistrati di Palermo spetta dunque il compito di fugare gli ultimi dubbi. Le tracce ci sono.