Stretto in una morsa: fare il duro, far valere i propri diritti, o cedere alle pressioni di chi tentava di carpire la terra che coltivava da anni e negare ogni sopruso subito?
La vittima, scrivono i carabinieri di Crotone, si trova a metà strada tra chi ha denunciato «le intimidazioni subite» e coloro che «hanno negato o fortemente mitigato la loro posizione». L’uomo ha accumulato paura, non denuncia ma si confida con un carabiniere. Racconta di avere timore dei Pugliese, detti “Macario”, gruppo criminale finito agli arresti nel corso dell’ultima operazione della Dda di Catanzaro denominata “Meltemi”. Un intero nucleo familiare, i Pugliese, radicati e dominanti in località Marinella di Isola Capo Rizzuto dove imperversavano con estorsioni, espropri abusivi, imposizione di guardianie e controllo delle attività turistiche. L’inchiesta racconta come si siano imposti nei primi anni Novanta, dopo avere vinto una guerra per il controllo del territorio contro i Capicchiano. E che siano una famiglia fedele al dominante clan degli Arena.

La famiglia che controllava “Marinella”

Lo scorso 5 dicembre il gip di Catanzaro ha mandato in carcere Maurizio Pugliese, considerato il capo della ‘ndrina, sua moglie Giuseppina Giordano, 55 anni, i figli Vincenzo, 33 anni e Vittorina, 36 anni. In carcere è finito anche Michele Pugliese, fratello di Maurizio, mentre sono ai domiciliari Antonio Pugliese, 39 anni, detto “Totò Macario”, figlio di Michele, Mariangela Pugliese, 39 anni, altra figlia di Maurizio, e i presunti sodali Giovanni Barberio, 60 anni, e Giuseppe Vallone, 22 anni. Tra le altre cose i Pugliese mirano «all'estensione dei domini territoriali della famiglia tramite l'acquisizione al patrimonio dei suoi membri di vasti terreni siti in Marinella».
Una storia che va avanti almeno dal 2011 senza scoraggiare il gruppo che, nonostante una sentenza del Tribunale di Crotone che li ritiene responsabili di estorsione, nel 2019 avrebbero proseguito a vessare i possessori di terreni e immobili. Tra questi un uomo che da anni lavorava un fondo dell’Arssa, costretto a rinunciare a coltivare il terreno dopo le continue pressioni e minacce dei Pugliese che hanno occupato abusivamente la proprietà sia presentandosi materialmente che falsificando documenti che attesterebbero «la falsa proprietà del terreno ad opera della figlia Vittorina che così si era falsamente indicata titolare del terreno».
L’indagine “Meltemi” racconta che la parte offesa, l’uomo che si confida con il vicebrigadiere, ha «pieno timore verso l'intera famiglia» e non lo rassicura certo il fatto che Maurizio Pugliese, all’epoca, fosse in carcere, perché «degnamente rappresentato all'esterno dai suoi figli e congiunti».

«Ci vorrebbero due vite»

Era vivo il ricordo del giorno in cui Maurizio “Macario” gli aveva tagliato la strada, lo aveva fatto scendere dalla macchina e gli aveva detto: «Giovanotto, ragiona un poco, che quella terra è la mia… fai la rinuncia altrimenti te la passi brutta».
E non è stata l’unica occasione. «Parecchie volte…», confessa l’uomo. Le minacce erano diventate una litania, o peggio «era diventata una canzone».
Il brigadiere lo trattiene con le domande mentre l’uomo ha momenti di tentennamento – «va bene lasciamo stare ora che me ne devo andare a casa». Il militare gli chiede «ma se è un tuo diritto e tu dici “io ci vivo con la terra”, ma perché non hai fatto una denuncia o perché non sei mai venuto dai carabinieri ad esporre la situazione come hai fatto oggi?». «Per il bene dei miei figli», risponde quello sempre più scorato: «Perché lui la prima cosa che mi ha detto “ne vuoi bene alla famiglia, vedi che hai la macchina piena di piccolini, statti attento a quello che fai con me…”».
I piccolini, i bambini.
Al pensiero l’uomo interrompe il flusso delle domande del carabiniere: «Lo sai cosa ci vuole qui, due vite, una te la giocavi e una te la godevi».

Risveglio delle coscienze (con momenti di paura) 

Nonostante questo c’è chi ha detto basta e ha denunciato. È accaduto sempre nel 2019. Prima la denuncia contro ignoti per l’impossessamento di un’abitazione in località Marinella, poi, a marzo e a maggio, due denunce specifiche contro Maurizio Pugliese, per estorsione, per l’occupazione di due terreni. A maggio, in particolare, avviene un fatto emblematico: i carabinieri intervengono e arrestano per resistenza Vincenzo Pugliese, la madre Giuseppina Giordano e in seguito il padre Maurizio, che sulle prime era scappato.
«La situazione concitata – raccontano i brogliacci dell’inchiesta – aveva spinto vari abitanti a farsi forza e coraggio e a presentarsi in caserma per denunciare anche loro i Pugliese delle loro condotte». Era accaduto, però, che la presenza dei Pugliese negli stessi uffici della caserma avesse portato tutti a «desistere dalla loro volontà punitiva». «Alcuni si sono presentati, dietro convocazione, nei giorni successivi», scrive il gip. In sette hanno denunciato. «Tale sorta di risveglio delle coscienze fa avviare le indagini…». A volte ci si aggrappa al coraggio di chi dà la stura.