Conferenza stampa del procuratore di Catanzaro per spiegare i dettagli dell'operazione contro le cosche di Mesoraca: «Padroni per anni della gestione dei boschi di una vasta area della presila tra Crotone e Catanzaro». Sequestrato l'impianto che produce energia pulita (ASCOLTA L'AUDIO)
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Le mani della ‘ndrangheta sul commercio del legname in una vasta area che tocca le province di Crotone e Cosenza. Questo è il punto centrale su cui ruota l’operazione che questa mattina ha portato all’arresto di 31 persone a Mesoraca, nel Crotonese. I particolari dell’inchiesta sono stati resi noti dal procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri nel corso di una conferenza stampa.
Secondo quanto affermato dal capo dell’ufficio inquirente del capoluogo di regione, le cosche di Mesoraca avrebbero gestito e controllato «un vasto territorio della provincia di Crotone. Gli indagati (definiti da Gratteri "presunti innocenti") sono indagati di associazione mafiosa. Ma la particolarità di questa indagine riguarda la gestione e il controllo dei boschi della presila partendo dalla provincia di Crotone e arrivando fino a quella di Cosenza. Gli indagati hanno controllato per tanti anni il taglio dei boschi, il trasporto del legname e, soprattutto, il conferimento alla centrale biomassa di Cruto. La lavorazione dello scarto del cippato della legna che viene trasformato in energia pulita, attività ecocompatibile e prevista per legge».
Una pratica attraverso la quale «si ottengono – ha aggiunto il procuratore - milioni di euro di contributi. L’organizzazione, però, nel cippato della legna metteva spazzatura, copertoni, catrame di scarto dei lavori dell’autostrada. Tutta roba che veniva bruciata creando grande inquinamento. Quindi lo Stato incentiva le biomasse perché producono energia pulita e invece a Curto bruciavano scarti di materie inquinanti».
Sono 12 le imprese sottoposte a sequestro preventivo a vario titolo coinvolte nel taglio e trasporto della legna e gestione della c'entrale a biomasse di Cutro.
Sono indagati a vario titolo per i delitti di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsioni aggravate dal metodo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, gestione illecite dei medesimi, associazione per delinquere finalizzata al traffico, alla produzione ed allo spaccio di sostanze stupefacenti ed altri reati, con l’aggravante di essere un’associazione armata.
L'attività, secondo quanto riportano gli inquirenti, in metito al traffico illecito di rifiuti si riferisce appunto a una presunta truffa ai danni del Gestore del servizio energetico nazionale (Gse), truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche e indebita percezione di quest’ultime.
La procura di Catanzaro, in particolare, ipotizza che gli indagati operassero in regime di sostanziale monopolio, al fine di perpetrare in maniera sistematica operazioni di taglio boschivo non autorizzate, difformi e comunque pericolose per l’ambiente, conferendo quindi – alle Centrali biomassa dislocate nel territorio regionale - un prodotto legnoso (cosiddetto cippato) non tracciabile e/o di qualità non in linea con gli standard di legge e pertanto da considerarsi a tutti gli effetti un “rifiuto”.
Tali sistematiche condotte illecite, sarebbero state favorite anche dal contributo di tecnici agronomi, operatori e funzionari delle Centrali biomassa, investiti delle mansioni di controllo della qualità del prodotto conferito e della regolarità delle documentazioni di accompagnamento del prodotto, comportavano un ingiusto profitto non solo per le imprese boschive collegate alle organizzazioni criminali, ma anche alle società gestori delle Centrali Biomassa che indebitamente percepivano dal Gse incentivi maggiorati e basati su conferimenti di prodotto legnoso effettuati in difformità della normativa vigente del settore (o perché trattasi di prodotto scadente o perché derivante da taglio non autorizzato).
Contemporaneamente all’esecuzione delle misure personali, è statoeseguito un sequestro preventivo nei confronti di 8 imprese boschive della provincia di Crotone e 4 della provincia di Cosenza. Tra le imprese oggetto di sequestro anche quella proprietaria della centrale biomasse di Cutro (KR). Il valore complessivo di tali sequestri si aggira sulla cifra di 16 milioni di euro circa.