È la richiesta dell’avvocato Giuseppe De Pace all’Ufficio territoriale del Governo e alla commissione di Limbadi considerati «i rischi per l'incolumità della signora e l’impossibilità logistica di intraprendere il viaggio da sola»
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Una richiesta urgente. È così che classifica la sua missiva, indirizzata alla Prefettura di Vibo e alla Commissione straordinaria di Limbadi, l’avvocato Giuseppe De Pace, legale della famiglia Vinci nel procedimento relativo all’autobomba che lo scorso 9 aprile ha ucciso il 42enne Matteo Vinci ferendo gravemente il padre, Francesco Vinci. Da quel giorno l’uomo è ricoverato al Centro Grandi Ustioni di Palermo. Da quello stesso giorno la moglie Rosaria Scarpulla – afferma il legale - «unica familiare vivente, non è potuta andare a trovarlo, in quanto sola e senza alcuna assistenza personale». Proprio questo il motivo per cui dopo settanta giorni «non potendo più sopportare questo strazio, si è determinata a raggiungere al più presto Palermo per stare un po’ vicina al suo anziano coniuge».
L’avvocato Giuseppe De Pace, che da mesi combatte la sua battaglia per far sì che Rosaria Scarpulla ottenga la scorta, chiede considerato «il precario stato di salute della signora, i rischi riguardanti la sua incolumità personale e la sua impossibilità logistica per intraprendere il viaggio da sola» che le autorità si facciano carico e vogliano «assumere su di sé l’organizzazione e l’onere di detto trasferimento temporaneo con mezzi e uomini che riterranno opportuni».
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