Il Tribunale del riesame ha accolto l’appello presentato dai legali che commentano con soddisfazione la decisione: «La misura cautelare era incomprensibile, ora andiamo in Cassazione»
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Annullati gli arresti domiciliari nei confronti del dirigente regionale Luigi Zinno, coinvolto nell’inchiesta Lande desolate, che vede indagati, tra gli altri, anche il presidente della Regione Mario Oliverio.
A darne notizia sono i legali di Zinno, Vincenzo Adamo e Cesare Piraino, che rendono nota la decisone del Tribunale del Riesame, che «in parziale accoglimento dell’appello avanzato, ha disposto l’annullamento della misura cautelare».
«Un provvedimento che appariva incomprensibile - hanno commentato gli avvocati - non coerente con gli atti e le azioni amministrative prodotte dall’ing. Zinno nello svolgimento dei suoi doveri di dirigente regionale. Ribadiamo ancora una volta quanto già rappresentato nella nostra istanza: l’informativa a supporto dell’ordinanza per le misure cautelari è parziale e fuorviante».
«Il nostro assistito - continuano i legali - tiene a ribadire la sua piena fiducia nella giustizia; abbiamo certezza che gli atti dimostreranno la correttezza delle sue azioni, sempre evidenziata in 40 anni di lavoro a servizio della pubblica amministrazione. Gli atti sono inoppugnabili e faranno luce su ricostruzioni approssimative e superficiali».
In particolare, i difensori del dirigente, puntano il dito contro un’indagine che definiscono «priva di un quadro di riferimento generale, che avrebbe evidenziato, tra l’altro, l’esistenza di procedure analoghe seguite nello stesso periodo con 73 comuni della Calabria, quindi con 73 Sindaci calabresi, 73 funzionari comunali, 73 direttori dei lavori, 73 imprese». Dunque, sostengono che «nessun trattamento di favore sarebbe stato messo in atto per i Comuni di Scalea e Pedace, nessun trattamento di favore tantomeno per l’impresa».
Poi, richiamano uno degli aspetti centrali dell’inchiesta, i presunti reati commessi in relazione alla realizzazione dagli impianti sciistici di Lorica: «L’azione della Regione e del nostro assistito ha prodotto la realizzazione di un investimento di 15 milioni di euro (con 11 mln di risorse pubbliche e 1,5 mln di risorse private spese in sei mesi – tra giugno e dicembre 2015), ed apertura dell’impianto, con collaudo e verifiche sulle opere eseguite, nel marzo 2018, nonostante tutti gli accadimenti, anche drammatici, che hanno interessato i lavori».
Infine, i due legali ricordano che hanno contestato la competenza territoriale della Procura distrettuale di Catanzaro, «all’indomani della pronuncia del medesimo Tribunale del riesame che ha escluso l’aggravante mafiosa dall’intero contesto accusatorio».
«Siamo soddisfatti per l’esito – concludono nella loro nota -, ma ancora non paghi per quello che finora è emerso dai pronunciamenti finora occorsi nei confronti del nostro assistito, siamo sicuri che quando sarà il momento, davanti al giudice naturale, dimostreremo l’assoluta correttezza dell’operato del nostro assistito. Proporremo ricorso in Cassazione avverso il presente provvedimento, anche al fine di ottenere risposta sulla questione di competenza territoriale sollevata e sulla quale non è stata data risposta».
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