La 'ndrangheta a Chivasso c'è ma il vigile che ha cancellato le multe al presunto boss viene assolto perché l’abuso d’ufficio non è più reato. La conclusione del processo d’Appello Platinum sulle infiltrazioni delle cosche calabresi tra Volpiano e Chivasso si chiude con tre condanne e tre assoluzioni. Per i fratelli Mario e Giuseppe Vazzana, considerati dalla Dda di Torino vicini ai clan di Platì vengono confermate le pene decise in primo grado (rispettivamente 6 anni e 11 mesi e 6 anni e 8 mesi). Per Antonio Agresta, già in carcere con una condanna a 10 anni per altri fatti, la condanna è a 10 mesi.

Arriva invece un’assoluzione per Paolo Busso, ispettore della polizia municipale e volontario dei vigili del fuoco di Volpiano. Busso era finito nell’inchiesta perché ritenuto responsabile di aver cancellato delle multe a Giuseppe Vazzana, pezzo grosso della ’ndrangheta calabrese in Piemonte.

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Erano due i reati contestati al pubblico ufficiale: l’abuso d’ufficio per le multe abbuonate a Vazzana e un accesso abusivo alla banca dati dell’anagrafe con cui il vigile aveva fornito all’amico l’indirizzo di un debitore che non gli restituiva i soldi.

Qui entra in campo la riforma Nordio: Busso infatti è stato assolto dall’accusa di abuso d’ufficio «perché il fatto non è più previsto dalla legge», è stato cancellato l’estate scorsa. L’accesso alla banca dati è stato giudicato, invece, «di particolare tenuità».

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Il vigile, nel corso del processo, si è detto «dispiaciuto» per essere stato coinvolto in una vicenda che ne ha macchiato l’immagine professionale e lo avrebbe «penalizzato nella vita privata». Riguardo a Vazzana, ha detto che «era una conoscenza nata nell’ambito della mensa comunale, che si è interrotta quando lui ha spostato la sua attività a Chivasso». L’avvocato Gabriella Vogliotti che lo difende è ovviamente soddisfatta: «Siamo molto contenti — dice — gli è stata restituita la dignità». Nonostante l’assoluzione il vigile dovrà comunque risarcire il comune di Volpiano per 1000 euro. «Sono stati cancellati i reati, ma i fatti sono stati confermati», è il commento dell’avvocato del Comune Giulio Calosso.

Assolto anche Domenico Aspromonte, condannato in primo grado a 6 mesi per la bancarotta dell’hotel La Darsena. L’accusa di associazione di stampo mafioso era caduta in primo grado e la vicenda che lo riguardava (la vendita di un’attività a un prezzo molto inferiore a quello chiesto dai venditori) è stata considerata di «particolare tenuità». Confermata infine l’assoluzione per Domenico Spagnolo.