È la vendetta più lunga della ’ndrangheta, consumata a 40 anni dal giuramento di morte pronunciato a Sant’Eufemia d’Aspromonte. E a più di mille chilometri di distanza. Giuseppe Gioffrè è stato ucciso a San Mauro Torinese l’11 luglio 2004: lo sgarro per il quale il tribunale mafioso ne aveva decretato la morte risale al giugno 1964, quando Gioffrè uccise due uomini, Antonio Alvaro e Antonio Dalmato, che si erano presentati nel bar-panetteria gestito dall’uomo per risolvere un problema commerciale. Quell’attività aveva messo in difficoltà un altro negozio i cui proprietari erano vicini al clan Alvaro di Sinopoli.

La promessa di morte pronunciata nel 1964

La promessa di morte riferita negli atti dell'indagine ha i connotati di un rito tribale. Il cognato di una delle due vittime si sarebbe accostato al cadavere del proprio parente e ne avrebbe bevuto il sangue dicendo «con questo gesto ti vendicherò». Un segno che la ’ndrangheta non avrebbe mai perdonato: l’anno seguente, infatti, mentre Gioffrè scontava la pena in carcere, i killer uccisero sua moglie Concetta Iaria e suo figlio Cosimo, 12 anni. Due morti rimaste senza giustizia. 

Scontata la pena per il duplice omicidio, nel 1976 Gioffrè si era trasferito in Piemonte per iniziare un’altra vita. Ci era riuscito, ma la cosca non aveva dimenticato la sentenza di condanna.

Leggi anche

Le condanne per il delitto di Gioffrè a San Mauro Torinese

Il cerchio giudiziario si chiude a circa 60 anni dal duplice omicidio con la condanna a 30 anni di Paolo Alvaro, 59enne originario di Sinopoli, accusato di omicidio aggravato dal metodo mafioso e premeditato. Verdetto emesso dopo quasi cinque ore di camera di consiglio in Corte d’assise a Ivrea. Per Alvaro l’accusa aveva chiesto l’ergastolo. La nuova condanna chiude il primo grado della storia giudiziaria: nell’ottobre 2023 Giuseppe Crea, 45 anni, era stato condannato a 30 con il rito abbreviato per l’omicidio di San Mauro Torinese.

Una storia di violenza tribale affrontata dagli investigatori grazie alle nuove tecnologie: Paolo Alvaro è stato incastrato dall’impronta dell’indice della mano sinistra. Avrebbe partecipato a quell’omicidio consumato una domenica di 20 anni fa ai giardinetti: in principio sembrò un incomprensibile atto di violenza ai danni di un pensionato.

Pochi giorni dopo il delitto venne arrestato e poi condannato a 21 anni di carcere Stefano Alvaro, cugino di Paolo. Quei cognomi portavano direttamente a Sinopoli. Al secondo step – l’arresto di Paolo Alvaro e Giuseppe Crea – si è arrivati nel maggio 2021 grazie alla riapertura del caso con nuovi sistemi informatici.